venerdì 20 novembre 2015

Da oggi al 28 novembre la 33.a edizione del Torino Film Festival con tante anteprime tra lungo, medio e cortometraggi da tutto il mondo. Eventi, omaggi e celebrazioni per i grandi maestri: Orson Welles, Federico Fellini e Mario Bava

Dopo la pre-apertura riservata a “Bella e perduta” di Pietro Marcello (da ieri nelle sale) la 33.a edizione del Torino Film Festival si inaugura oggi - e andrà avanti fino al 28 - come di consueto all’insegna di un ricco e sorprendente programma che non delude mai il suo affezionato pubblico cittadino, nazionale e internazionale.

Sono 158 i lungometraggi selezionati (fra oltre 4.000 visionati), 15 mediometraggi e 32 cortometraggi, di cui 47 lungometraggi tra opere prime e seconde, 50 anteprime mondiale, 20 internazionali, 8 anteprime europee e 71 anteprime italiane. Apertura stasera con l’anteprima di “Suffragette” di Sarah Gavron, con Carey Mulligan, Helena Bonhan Carter e Meryl Streep, prossimamente nelle sale distribuito dalla Bim. Nell’Inghilterra di inizio Novecento, la ribellione delle donne per la disparità di trattamento rispetto agli uomini.
Può sembrare strano, ma come afferma il direttore Emanuela Martini, “è il primo film che affronta l’argomento” incentrato proprio sull’origine del movimento. E se quest'anno non c'è un vero e proprio filo rosso, donne, rapporti familiari e lavoro sono temi che rispuntano qua e là. La principale sezione competitiva del Festival, Torino 33, presenta 15 film realizzati nel 2015, tra America Latina e Asia, Europa e America del Nord, sempre alla ricerca e alla scoperta di nuovi talenti e che esprimono le migliore tendenze del cinema indipendente internazionale. I titoli, tra cui tre italiani: “Colpa di Comunismo” di Elisabetta Sgarbi (Italia); “Coma” di Sara Fattahi (Siria/Libano); “Coup de Chaud / Heatwave” di Raphael Jacoulot (Francia); “God Bless the Child” di Robert Machoian e Rodrigo Ojeda-Beck (Usa); “Idealisten / The Idealist” di Christina Rosendahl (Danimarca); “John From” di Joao Nicolau (Portogallo); “Keeper” di Guillaume Senez (Belgio/Svizzera/Francia); “Les Loups / I lupi” di Sophie Deraspe (Canada/Francia);
“Mia madre fa l’attrice” di Mario Balsamo (Italia); “La patota / Paulina” di Santiago Mitre (Argentina/Brasile/Francia), rifacimento ‘aggiornato e corretto’ dell’omonimo classico argentino di Daniel Tinayre (1960); “I racconti dell’orso – The Bear Tales” di Samuele Sestieri e Olmo Amato (Italia); “Lo scambio” di Salvo Cuccia (Italia); “A Simple Goodbye” di Degena Yun (Cina); “Sopladora de hojas” (t.l. Soffiatrice di foglie) di Alejandro Iglesias (Messico); e “The Waiting Room” di Igor Drijaca (Canada/Bosnia/Croazia).
Ma ovviamente ci sono sempre le sezioni storiche, gli eventi, gli omaggi e le celebrazioni. A partire da Festa Mobile che presenta opere fuori concorso e inediti in Italia, che esprimono il meglio della produzione cinematografica internazionale. Tra le anteprime, l’italiano “La felicità è un sistema complesso” di Gianni Zanasi con Valerio Mastandrea, Hadas Yaron e Giuseppe Battiston (nei cinema dal 26); “The Dressmaker”, bizzarro apologo dell’australiana Jocelyn Moorhouse con Kate Winslet; “The Lady in the Van” dall’eccentrica storia autobiografica di Alan Bennett, diretto da Nicholas Hytner e interpretato dalla grande Maggie Smith; “The Idol”, il biopic di Hany Abu-Assad su Mohammad Assaf, il giovanissimo cantante di Gaza vincitore del televisivo “Arab Idol”.
E che assegnerà il Gran Premio Torino della 33.a edizione del TFF a uno degli autori europei più originali e sensibili emersi negli anni Ottanta: l’inglese Terence Davies. Capace di mescolare malinconia e ferocia, ironia e disperazione, con la “Trilogia” (1983), “Voci lontane... sempre presenti” (1988), “Il lungo giorno finisce” (1992) e, recentemente, “Of Time and the City” (2008) e “The Deep Blue Sea” (2011), ha raccontato la sua gente e la cultura tradizionale della middle-class britannica con dolore profondo ma anche con sconfinato amore. Sempre immerso nel rimpianto per le radici perdute, Davies ha elaborato uno stile che mescola il realismo all'evocazione poetica, dove la secchezza brutale si fonde senza soluzione di continuità con le aperture all'immaginazione e al canto collettivo.
Per l’occasione verrà presentato il suo nuovo film, “Sunset Song” - proprio nelle giornata della consegna del premio -, e che si muove sulla scia dei temi e le suggestioni dei film precedenti. “Sunset Song” racconta la storia di Chris Guthrie, una ragazza forte e intelligente che, negli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale, cresce nella campagna della Scozia nord orientale (the Mearns), in una famiglia dominata dal padre gretto e violento. Il film, tratto da “Canto del tramonto” - classico della letteratura scozzese pubblicato nel 1932 da Lewis Grassic Gibbon - e interpretato da Agyness Deyn (la super-modella star nascente del cinema britannico) e da Peter Mullan nella parte di suo padre, parla di radici, di attaccamento alla terra e a certe tradizioni e, contemporaneamente, di combattiva voglia di trovare la propria strada e di preservare la propria integrità morale.
In omaggio a Terence Davies, sarà inoltre presentato uno dei suoi capolavori: “Voci lontane... sempre presenti”, che sarà introdotto dall'autore prima della proiezione. Ma Festa Mobile è anche documentario, da “Oida” ovvero “Oggi insieme domani anche”, il nuovo film con cui Antonietta De Lillo affronta il tema dell’amore; a “Ritorno a Spoon River” di Edgar Lee Masters; da “Phantom Boy” di Jean-Loup Felicioli e Alain Gagnol (“Un gatto a Parigi”), un film d’animazione su un bambino leucemico che scopre di avere superpoteri; a “Tangerine” di Sean Baker, irruente trans scopre che il suo ragazzo, mentre lui era in galera, l’ha tradito con una donna. E
una piccola sottosezione intitolata ‘Palcoscenico’ che raggruppa opere molto diverse nelle quali s’intrecciano teatro e cinema: dal recentissimo allestimento del National Theatre di Londra di “Hamlet”, diretto da Lyndsey Turner con Benedict Cumberbatch; a “Sexxx” di Davide Ferrario sul lavoro del coreografo Matteo Levaggi e il Teatro Balletto di Torino. Sonia Bergamasco introdurrà la proiezione del classico “Palcoscenico” di Gregory La Cava, da cui ha tratto ispirazione, insieme alla regista Monica Luccisano, per il nuovo spettacolo che aprirà la stagione del Teatro Baretti di Torino.
Infine, insieme al tris di capolavori di Orson Welles “Quarto potere”, “Rapporto confidenziale” e “L’infernale Quinlan”, la versione restaurata di un capolavoro dell’animazione firmato Bruno Bozzetto, nel suo cinquantesimo anniversario, “West & Soda”; altre due opere italiane restaurate dalla Cineteca Nazionale quali “Giulietta degli spiriti” di Federico Fellini con un cast tutto al
femminile capeggiato dall’indimenticabile Giulietta Masina, moglie e musa; e il cult “Terrore nello spazio” di Mario Bava (1965), dove il mago della fotografia, degli effetti speciali (artigianali) e della regia affronta la fantascienza. Ancora un restauro stavolta dal Museo del Cinema di Torino, “Tragica alba a Dongo” di Vittorio Crucillà (1950) sulle ultime ore di Mussolini, mai uscito nelle sale e considerato a lungo perduto.
Il Guest Director Julian Temple presenta “Questioni di vita e di morte”, una selezione ispirata al suo nuovo film “The Ecstasy of Wilko Johnson” (in programma) dove mescola alle riprese con Wilko molti brani di film classici che raccontano le sensazioni e le emozioni di persone che si trovano ad affrontare il pensiero della morte: Eccole: “A Matter of Life and Death” (Scala al Paradiso, 1946) di Michael Powell e Emeric Pressburger; “La belle e la béte” (La bella e la bestia, 1946) di Jean Cocteau e René Clement; “Det Sjunde Inseglet” (Il settimo sigillo, 1957) di Ingmar Bergman; “Sayat Nova” (Il colore del melograno, 1969) di Sergej Parajanov; “Stalker” (1980) di Andrej Tarkovskij; “Oil City Confidential” (2009) di Julien Temple. La sezione ‘After Hours’ si aprirà invece con “February”, esordio nella regia di Osgood Perkins, figlio del mitico Anthony, a sua volta attore e ora regista di un’inquietante thriller sulla scia di quelli che resero famoso il padre. Infatti, narra il demoniaco intreccio della vita di tre ragazze, due rimaste sole nel college durante le vacanze invernali, mentre la terza tornerà a scuola in una sorta di sanguinoso pellegrinaggio. Attesissimi: il ritorno di Sion Sono che nel 2015 ha girato cinque film, tre dei quali presenti al TFF: “Tag”, dove l’horror incontra il surrealismo; “Shinjuku Swan”, scatenato noir metropolitano tratto dall’omonimo manga; “Love and Peace”, bizzarro, personale e imprevedibile ‘film di Natale’ con una tartaruga mutante, un impiegato nerd che sogna di diventare cantante pop e un misterioso barbone come protagonisti. Poi “The Nightmare” di Rodney Ascher (“Room 237”), documentario sul fenomeno della ‘paralisi del sonno’. Autori molto amati come Guy Maddin, con il caleidoscopico “The Forbidden Room”, e Bruce McDonald, con “Hellions”, incubi e traumi della femminilità adolescente che si mescolano con inquietanti mostri di Halloween.
Mix di generi in “The Final Girls” di Todd Strauss-Schulson, dove un gruppo di amici finisce nello slasher che stanno guardando; “Lace Crater” di Harrison Atkins, che coniuga l’ormai classico ‘mumblecore’ degli indie americani con bizzarre atmosfere alla Cronenberg; “Uns Geht es gut” (We Are Fine) di Henri Steinmetz, in bilico tra racconto di formazione e suggestioni di “Arancia meccanica” di Stanley Kubrick; infine, un film di guerra “Kilo Two Bravo” di Paul Katis, su un battaglione di soldati inglesi intrappolato in un campo minato durante la guerra in Afghanistan; e “Moonwalkers”, action comedy di Antoine Bardou-Jacquet che rivisita una celebre ‘teoria del complotto’: un angente della Cia e un manager rock inglese nel \1969 ricostruiscono un falso allunaggio sul set di un regista sperimentale.
Ma, la tradizionale sezione notturna, si apre letteralmente alla mezzanotte, anzi alla ‘Notte bianca’ torinese: domani, sabato 21, dalle 10 di sera alle 6 del mattino di domenica, nel corso della ‘Notte Horror’, verranno presentati “The Girl in the Photographs” di Nick Simon, prodotto da Wes Craven, gioco a rimpiattino tra un serial killer e un fotografo snob; “The Devil’s Candy” dell’australiano Sean Byrne (“The Loved Ones”) in trasferta americana, dove si incrociano metal rock, maledizioni demoniache, uno psicopatico e un pittore; “The Hallow” di Corin Hardy, sulla consueta casa maledetta e i suoi ignari abitanti.
Omaggio, infine, a un autore italiano inventivo e squinternato, Augusto Tretti, del quale si vedranno “La legge della tromba” e “Il potere”, affiancati da “Augusto Tretti: un ritratto”, realizzato nel 1985 da Maurizio Zaccaro.
A TFFdoc dedica il focus al Mediterraneo, al centro di una mappa delle rotte imprevedibili, dei confini abbattuti e delle vite che diventano cinema. Il cinema documentario, quindi, conferma la sua vocazione eccessiva e indefinibile nel tentare l’impossibile compito di “mostrare l’oggetto inafferrabile”, e gli 11 titoli della competizione internazionale e i 9 titolo del concorso italiano sono l’esempio perfetto di questa hybris necessaria. Eventi speciali: “La France est notre patrie” di Rithy Panh (Francia/Cambogia) e “Miss Cinema – Archivio Mossina” a cura di Home Movies, è una sorta di catalogo di provini 16mm (1942-1952), dall’Archivio stesso che disegnano inattesi ritratti di ragazze, aspiranti stelle del cinema. Omaggio con l’autoritratto “Chantal Akerman par Chantal Akerman” (1996).
E ancora ‘Italiana. Corti’, concorso riservato a cortometraggi italiani inediti, caratterizzati dall’autonomia e originalità di linguaggio. Da “La derniere image” di Giulio Squillacciotti – che attraverso un unico piano sequenza restituisce le stanze di un museo deserto, apparentemente abbandonato – a “Lampedusa” di Philip Cartelli e Mariangela Ciccarello, nel 1831, un’eruzione vulcanica formò una piccola isola nel cuore del Mediterraneo, a qualche chilometro dalla costa sud della Sicilia. Nacque una disputa internazionale, durante la quale diverse potenze europee rivendicarono il possesso del territorio. Sei mesi dopo l’isola sprofondò, riducendosi a uno scoglio sommerso.
‘Onde’, una selezione la cui scommessa è sempre quella di provare a controllare il potere prismatico del cinema, la sua capacità di scomporre la luce tra le attese che provengono dai mille mondi dello sguardo e le istanze che promanano dai mille modi del filmare. Da “Aqui, em Lisboa” di Denis Coté (Portogallo), quattro storie di Lisbona per i dieci anni del festival IndieLisboa, a “Heterophobia” di Goyo Anchou (Argentina), tormento ed estasi di un giovane gay di Buenos Aires; da “A Morning Light” di Ian Clark (Usa), una coppia nei boschi dell’Oregon e due vicini dall’aria minacciosa si lamentano del cane; a “Pompei Eternal Emotion” di Pappi Corsicato (Italia).
Spazio Torino è il concorso dei migliori cortometraggi realizzati da cineasti nati o residenti in Piemonte, un’area geografica da sempre caratterizzata da un’intensa attività cinematografica: “Dust – La vita che vorrei” di Gabriele Falsetta; “La magia bianca di Ezio Gribaudo” di Marco Agostinelli e Andrea Liuzza; “Tram Stories” di Leone Balduzzi; “L’ultimo balcone” di Bruno Panebarco. Evento speciale: “Neve rosso sangue” di Daniel Daquino. A Valmala, Cuneo, il 6 marzo 1945: un gruppo di partigiani è accampato al santuario di Valmala per conteggiare le forze a disposizione a rientro dall’inverno e per stabilire il da farsi nei mesi successivi, La guerra sta quasi per finire. Da non dimenticare il TorinoFilmLab, nato dal desiderio di affiancare al festival un laboratorio dedicato ai talenti emergenti, è una vera e propria comunità creativa che sostiene giovani film maker di tutto il mondo, con particolare attenzion a opere prime e secnde.
Per l’occasione verranno presentati “Eva Novà” di Marko Skop (Repubblica Slovacca), “Interruption” di Yorgos Zois (Grecia), “Mountain” di Yaelle Kayam (Israele/Danimarca), “Ni le ciel ni la terra / The Wakhan Front” di Clément Cogitore (Francai/Belgio), “Rodinny Film / Family Film” di Olmo Omerzu (Rep.Ceca/Germania/Francai) “Sophelikoptern/The Garbage Helicopter” di Jonas Selberg Augustsen (Svezia), “Tikkun” di Avishai Sivan (Israele) e “Underground Fragrance” di Pengfei (Francia/Cina).
La retrospettiva voluta dal direttore Emanuela Martini. “Titolo e sottotitolo evocativi: ‘Cose che verranno’, cioè la traduzione letterale di ‘Things to Come’ (in italiano ‘La vita futura’ o il più catastrofico ‘Nel 2000: guerra o pace?’, che H.G. Wells adattò dal suo libro ‘The Shape of Things to Come, nel quale ipotizzava cosa sarebbe avvenuto in una città immaginaria dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale. E ‘La Terra vista dal cinema’ che ovviamente fa risuonare ‘Le voyage dans la lune’ di Méliès’ al quale si ispira (e sotterraneamente ‘La Terra vista dalla Luna’ di Pier Paolo Pasolini, surreale, straccione futuro-presente): perciò, visioni futuribili, più o meno ironiche, più o meno fantasiose, più o meno scientifiche, dove il cinema diventa il cannocchiale che, con la sua distanza ravvicinata, può consentirci di ipotizzare quello che accadrà a due passi o a due secoli da noi”.
Una rassegna dei classici di fantascienza realizzati tra gli anni Quaranta e Novanta del secolo scorso, passando da “La vita futura” di William Cameron Menzies (1936) a “Mad Max” (Interceptor, 1979; da “Alphaville” di Jean-Luc Godard (1965 a “Il pianeta delle scimmie (1968); da “Brazil” di Terry Gilliam (1985) a “Strange Days” di Kathryn Bigelow e “Crash” di David Cronenberg (1996). Al Premio Cipputi partecipano 6 film presentati nelle sezioni Torino 33, Festa Mobile, TFFdoc/Internazionale e Italiana.doc: “Colpa di comunismo” di Elisabetta Sgarbi, “Borsaliino City” di Enrica Viola; “La felicità è un sistema complesso”, “Fi Rassi Rond-Point”di Hassen Ferhani, “La gente resta” di Maria Tilli; “Il successore” di Mattia Epifani. José de Arcangelo