venerdì 15 novembre 2013

Al Festival di Roma, Isabel Coixet delude critica e pubblico con "Another Me", un thriller dei sentimenti, hitchcockiano solo sulla carta. Ultimo italiano in gara "Tir"

ROMA, 15 - Chiuso oggi il concorso dell’8.a edizione del Festival Internazionale del Film di Roma con tre i titoli. Il primo "Another Me", adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo della scrittrice Cathy MacPhail, che sembrava nelle corde della regista e sceneggiatrice spagnola Isabel Coixet, nota a livello internazionale per pellicole come "La mia vita senza me (in concorso a Berlino, vincitore di due Premi Goya), "La vita segreta delle parole" (Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia e poi premiato con quattro Goya, fra cui miglior film e miglior regista), "Lezioni d'amore" e "Map of the Sounds of Tokyo" (Cannes).

Purtroppo la Coixet non riesce a trasmettere la tensione e le emozioni che stavolta racconta, anche perché l'attrice protagonista, Sophie Turner, fisicamente ne dimostra più anni di quello che ha il personaggio. Infatti, è la storia di una teenager come tante la cui routine quotidiana, inizia pian piano a sfaldarsi quando un inquietante sospetto s’insinua in lei. Chi è quel misterioso “doppio” che la perseguita, tentando di sottrarle non solo l’identità ma anche la vita? Resta, in quest'opera in bilico fra dramma e thriller psicologico, comunque, lo stile e la ricerca dell'immagine di un'autrice che si è imposta raccontando i sentimenti e le sofforenze più profonde dell'essere umano. Una storia degna di Hitchcock e un cast di tutto rispetto (Claire Forlani, Rhys Ifans, Leonor Waitling, Gregg Sulkin, Jonathan Rhys Meyers, Geraldine Chaplin)
Sul red carpet, accanto alla regista Isabel Coixet, ci sarà la protagonista Sophie Turner, attrice resa celebre dalla serie televisiva “Game of Thrones”, e Gregg Sulkin, attore inglese interprete di serial televisivi come “As the Bell Rings”, “The Heavy”, “I maghi di Waverly”.
Il secondo è il nuovo film di Takashi Miike, "Mogura no uta", uno dei più originali cineasti del panorama mondiale contemporaneo, allievo del celebre Imamura Shōhei e autore di opere premiate nei maggiori festival internazionali: "Ôdishon" (Premio della Critica all’International Film Festival di Rotterdam), "Gokudo kyofu dai-gekijo: Gozu" (Quinzaine des réalisateurs del Festival di Cannes), "46-okunen no koi" (Festival di Berlino), "Jûsan-nin no shikaku" (Mostra di Venezia) e "Ichimei" (in gara a Cannes), "Aku no kyôten" (Festival di Roma).
Con "Mogura no uta", Miike ripropone lo stile nervoso, violento e ironico che lo ha reso celebre in tutto il mondo, raccontando la storia di un giovane poliziotto a cui viene segretamente affidato l’incarico di infiltrarsi sotto mentite spoglie in un’organizzazione criminale per arrestare un boss della yakuza. Un originale, divertente ed ironico che diventa fumettisticamente demenziale, anzi quasi un cartoon con attori in carne e ossa.
Ultimo film italiano in concorso è "Tir", prima opera narrativa di Alberto Fasulo, regista del documentario "Rumore bianco", selezionato in molti festival internazionali e distribuito in sala in Italia. Con il suo ultimo lavoro, Fasulo racconta la crisi attuale attraverso gli occhi di un ex-professore sloveno che per problemi economici diventa camionista. Con la sua efficienza, la sua ostinazione, la sua buona volontà, il protagonista riesce nobilitare un lavoro sempre più alienante, assurdo, schiavizzante. Una docu-fiction che potremmo ribattezzare "Sacro Tir", ovvero un buon film, un documentario che indaga sul personale e privato, anziché sul sociale e generale.
Per il Concorso CinemaXXI, passati "Thwara Zanji" (Zanji Revolution) di Tariq Teguia. Il regista algerino – che ha presentato il suo primo lungometraggio, "Roma wa la n'touma" (Roma piuttosto che voi), alla Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti, e si è aggiudicato il premio Fipresci, sempre al Lido, col film in Concorso "Gabbla" – ricostruisce tra realtà e finzione le tracce delle antiche e dimenticate rivolte contro il califfato degli Abbasidi, avvenute in Iraq tra l’VIII e il IX secolo ad opera degli Zanj, schiavi neri incaricati di irrigare le terre dell’Eufrate inferiore. L’indagine lo conduce a Beirut, la città che un tempo era il simbolo delle speranze e delle lotte di tutto il mondo arabo. Una film che conferma Teguia come il “Godard del mondo arabo”. Poi "El rostro" dei Gustavo Fontán e il mediometraggio "Der Unfertige" di Jan Soldat. Nel primo, il regista, scrittore e poeta argentino, Premio Konex per il cinema documentario, autore del pluripremiato lungometraggio "Donde cae el sol" e cosceneggiatore di "La cruz del Sur" di Pablo Reyero, firma un'opera sulla memoria: un uomo in una piccola imbarcazione raggiunge un’isola sul fiume Paraná e si dirige verso un luogo dove c’era una casa o un piccolo villaggio. Ora non c’è più nulla. Presto altri arriveranno sull’isola per preparare una festa: moglie, padre, amici, bambini. Solo impercettibili tracce di qualcosa di vecchio e perduto: il posto dov’era nato. La sua presenza permette alle cose in quel luogo abbandonato di materializzarsi: capanne e tavoli, animali e canoe. In "Der Unfertige", l'autore di "Geliebt", documentario sulla zoofilia presentato in Berlinale Shorts, e di "Zucht und Ordnung" (sempre a Berlino), porta sullo schermo Klaus Johannes Wolf, un uomo che vive come uno schiavo. Legato al suo letto, racconta della sua scelta di essere uno schiavo, parla dei suoi genitori e di cosa significa essere nudo. Alla fine abbandona tutto per andare in un campo di schiavi, per perfezionare la sua esistenza da schiavo e diventare un servo perfetto. Sempre al MAXXI, sono stati presentati a "Birmingham Ornament 2" di Andrey Silvestrov, regista e produttore da oltre vent'anni, e Yury Leiderman, scrittore, poeta, artista, attore, critico. E' la “parte seconda” di un film che aveva fatto sensazione a Venezia Orizzonti 2011 e vuole fornire l’obiettivo, attraverso una serie di “spaesamenti” spazio-temporali, e vuole fornire una critica alla civiltà moderna, applicando al cinema le peculiarità tecnologiche e linguistiche delle arti figurative. Il concorso Prospettive Doc Italia prevede il bel documentario, originale e commovente, "Fuoristrada" di Elisa Amoruso. La giovane regista, già autrice di cortometraggi come "Aria", vincitore del David di Donatello, del Nastro d’Argento e del Jameson European Award; "Adil e Yusuf", in concorso alla Mostra di Venezia (nominato per il David), e sceneggiatrice per "Good Morning, Aman" di Claudio Noce (in concorso a Venezia), "Passione sinistra" di Marco Ponti e "La foresta di ghiaccio" dello stesso Noce, racconta una storia personalissima e intima in modo nuovo e coinvolgente. La grande storia d'amore tra Pino/Beatrice, meccanico, campione di rally e transesuale, e di Marianna, badante rumena della madre, che lo ricambia ed accetta di sposarlo, contro ogni ostacolo e pregiudizio. Sempre al MAXXI, dalle ore 10, si è tenuta una tavola rotonda dal titolo “Il cinema di genere in Italia tra ieri e oggi” per riflettere a 360 gradi sul cinema di genere in Italia. Disprezzato dalla critica colta, è tornato prepotentemente alla ribalta grazie all’entusiasmo di un pugno di agguerriti critici che lo hanno studiato e ne hanno tessuto le lodi incuranti degli strali dei benpensanti. La tavola rotonda – alla quale sono attesi, insieme al “tarantiniano italofilo” Eli Roth, Enzo G. Castellari, Umberto Lenzi, Sergio Martino, Mario Caiano, Marcello Avallone, Alberto De Martino, Antonio Manetti, Marco Manetti, Cosimo Alemà – sarà seguita dalla proiezione di I Tarantiniani di Steve Della Casa e Maurizio Tedesco. Il CSC-Cineteca Nazionale, insieme al Festival, ha ricordato Anna Magnani nel quarantesimo anniversario della scomparsa con la proiezione di "Nella città l’inferno" di Renato Castelllani. Per la retrospettiva 'Ercole alla conquista degli schermi' proposto "La vendetta di Spartacus" di Michele Lupo, mentre per la rassegna ”Claudio Gora regista e attore' è passato "Tre straniere a Roma".
Nella sezione parallela Alice nella città, l'ultimo film in gara "The Disciple" della finlandese Ulrika Bengts che ha buone probabilità di vincere, visto che le pellicole più intense provengono dalla Scandinavia. José de Arcangelo