domenica 11 novembre 2012

RFF. Dopo il "1942" cinese, è nata una dattilografa! Si chiama Rose ed è diventata "Populaire"

Un solido e sobrio kolossal storico, un costoso e monumentale film di guerra per niente noioso e ben congegnato che intreccia diverse storie e le racconta parallelamente attraverso diversi punti di vista, evitando retorica e propaganda. Si tratta del cinese "Back to the 1942" (in Italia semplicemente "1942") di Feng Xiaogang, presentato come primo film sorpresa del concorso ufficiale del Festival di Roma.

"Questa storia non è conosciuta nel mondo ma nemmeno in Cina, ormai si sa tutto sul milione di ebrei morti durante la guerra, ma niente sui 3milioni di vittime della carestia. E la maggior parte dei cinesi non lo sa, perciò questa memoria va ritrasmessa. Ho letto libro nel '93 e ne rimasi scosso, tutti dicevano è impossibile farne un film perché scritto come inchiesta senza trama né personaggi, ma se si tratta di trasformare una cosa possibile in un'altra possibile non c'è divertimento. Invece, una cosa che sembra impossibile che diventa possibile è una bella sfida. Ci sono gli ‘intelligentoni’ che si riuniscono in una stanza per trovare una soluzione; poi ci sono gli imbranati che non fanno un percorso intelligente, ma provano tutte le vie per abbandonarle man mano finché scelgono la migliore. Ho detto noi siamo tra gli ultimi imbranati, andiamo avanti su questa strada e pian piano abbiamo trovato la storia di questi sfollati. Ci abbiamo provato tre volte a realizzarlo, una nel 2000, la seconda nel 2002, la terza nel 2004, ma solo nel 2010 siamo riusciti a trovare un accordo di produzione per la realizzazione. E dato che, dopo vent'anni, sono diventato un regista di cassetta in Cina me lo sono prodotto da solo, e il 22 novembre ci sarà la prima cinese, si potrà vedere in 8mila sale". Sceneggiatore: "Il personaggio di Adrian Brody, Theodoro White, era davvero nello Henan nel 1942, è esistito. Un attore che conoscete benissimo e prima di fare questo film ha avuto diversi incontri di preparazione col regista in Cina. Inoltre, ha già fatto film sugli anni '40 come 'Il pianista', quindi, non partiva da zero. Nella pellicola ci sono almeno cinque punti di vista al fianco del suo, perché il problema andava visto dagli sfollati, dai militari, dai giapponesi, e dal governo locale e nazionale".
"Si tratta sempre di un conflitto drammatico anche se non tutti i personaggi si incontrano in scena; non hanno contatti diretti ma indiretti, però nell’evolversi della catastrofe vanno visti contemporaneamente. Tim Robbins, che interpreta un prete italiano, dopo averlo visto ha detto che 'affronta il lato più oscuro dell'uomo, dell'umanità, ma al tempo stesso di sentimenti, solidarietà e speranza’". "Come potete notare anche le etnie cinesi – continua - quando è questione di vita o di morte diventano diverse, ma accade a tutti gli uomini. E noi cinesi su questo rapporto abbiamo una certa ironia. Stavolta non abbiamo avuto problemi di censura, nelle precedenti sì, ma riguardavano soprattutto i finanziamenti". Produttore; "Il film è costato 21 milioni di yuan, circa 35 milioni di dollari. Autofinanziamento società mia. Attrice: "Dovevo raccontare la mia esperienza – dichiara l’attrice Xu Fan, che è l’affittuaria Hua Zhi - anche se non conoscevo tutto sulle donne di quel periodo, sapevo che lavoravano in casa, erano per lo più ‘casalinghe’, ma grazie al film ho potuto scoprire di più, il calore che ho oggi intorno alla mia vita, allora inspiegabile. E ho deciso di lasciare da parte tutte le tecniche recitative, per poter un pochino avvicinarmi alla condizione della donna di quei tempi". Oggi è stato presentato anche il delizioso "Populaire" di Régis Roinsard con la bella e brava Déborah François, Romain Duris e Bérénice Bejo ("The Artist"). Un'ambiziosa e riuscita opera prima prodotta da Alain Attal che seduce e diverte, ipnotizza e affascina, grazie ad un gusto particolare dell’immagine che ricrea gli anni a cavallo tra i Cinquanta e i Sessanta con i colori pastello del cinema di allora; a ottimi dialoghi che ci fanno spesso sorridere con garbata ironia e note romantiche mai melense.
Rose Pamphyle vive col padre vedovo e sembra destinata a una tranquilla esistenza di casalinga di provincia. Ma il direttore di un’agenzia di assicurazioni sta cercando una segretaria in città. Il colloquio si rivela un disastro, ma la ragazza dimostra una straordinaria velocità con la macchina da scrivere. E il capo decide di fare di lei la dattilografa più veloce del paese… “Mi sono interessato alla storia della macchina da scrivere dopo aver visto un vecchio filmato sui campionati di dattilografia e ho trovato tante curiosità e molte cose da raccontare/ricordare. Ho anche scoperto che si trattava della pratica di uno 'sport' basato sulla velocità. Per il film pensavo alla modernità, certo, anche perché non è un omaggio, ma un film sugli anni 50, non per riprodurre scene particolari, perché mi sono limitato a esprimerle, in pratica sono tutte gare, ma non c’è niente di nostalgico né parodistico, ma moderno in tutti i sensi”. “Sembro più giovane di quello che sono – afferma -, in realtà sono un fan degli anni ‘50'60, mi affascina tutto di quel periodo: vestiti, costumi, macchine, design, e ovviamente i film di Douglas Sirk e Billy Wilder, tutto questo mi ha spinto a scrivere il film, mi sono innamorato di un decennio pieno di fantasmi, dove c'era una certa spensieratezza. Dopo dieci anni di guerra, vediamo che c'è qualcosa di diverso, sono affascinanti”.
“Di solito si pensa che il poliziesco sia americano – dichiara il produttore Alain Attal -, la commedia anche, oppure italiana, il thriller appartiene a qualcun altro; così noi francesi proviamo a seguire anche noi questa strada, facendo qualcosa di diverso di quello che ci si aspetta da noi, osando su qualcosa che nessuno crede possiamo fare. Il fatto che questa sia un’opera prima è stata una difficoltà in più, che gli sceneggiatori siano alle prime armi pure. Di solito il ‘biglietto da visita’ del regista è un film dal budget scarno, che si fa avanti da sé. Invece, il nostro progetto era molto ambizioso, costoso, in costume, dove si facevano le gare che diventavano man mano sempre più costose, da quelle locali ai campionati mondiali. Io ho prodotto film come ‘Polise’ e ‘Piccole bugie tra amici’ (Les petits mouchoirds), e mi sono messo al servizio del regista per trovare i mezzi. E’ costato ben 15milioni di euro, uno dei più costosi della cinematografia francese, almeno degli ultimi dieci anni”.
“Per me è stato stupendo essere Rose – ribatte l’attrice Déborah François – credevo fosse irresistibile il ruolo di questa ragazza che anche nel ‘59 non ha filtri nel meno col suo capo, osa parlare e dire le cose, che sono le premesse di quello che succederà dopo. Non è una suffragetta e non rivendica mai niente, ma ha aperto le strade alle altre, lavorando, guadagnandosi da vivere, sì come segretaria che è stato una dei primi mestieri svolti dalle donne. Opponendosi al padre che le voleva fare sposare il meccanico del villaggio, per sfuggire alla possibilità di diventare una casalinga. Tutto questo era molto trasgressivo all’epoca, ed è raccontato con molto garbo. L’abbiamo fatto come se il regista avesse avuto allora la libertà di farlo”. “Amo tutti i film degli anni ’50, sono un cinefilo, sono dentro me le commedie con Rock Hudson, James Stewart, Cary Grant, ma volevo crearedei personaggi nuovi, veri, Rose è fan di attrici dell'epoca Audrey Hepburn, Marilyn, ecc. Questo coté de femmes molto carino, perché poi a loro volte le donne diventano fan di lei; all'epoca c'era Audrey con la frangetta, anche Rose copia questi modelli americani e il loro look”. José de Arcangelo