lunedì 12 novembre 2012

Al Festival di Roma, Michele Placidoregista delude col polar "Il cecchino" con Auteuil e Kassovitz; Pappi Corsicato seduce invece con la commedia "Il volto di un altra" con la coppia Chiatti-Preziosi

ROMA, 12 - Se Michele Placido regista delude con il noir, anzi col polar franco-italiano, Pappi Corsicato conferma il suo stile e il suo gusto narrativo in una corrosiva commedia sofisticata volutamente gotico-kitsch. Infatti "Le guetteur" (Il cecchino) non 'prende' lo spettatore offrendo uno spettacolo di 'normale amministrazione', quindi solido mestiere, un bel cast e buon sostegno tecnico. Come si dice 'si lascia vedere' senza gloria e senza infamia.

Forse la cosa più debole è la sceneggiatura di Cédric Melon e Denis Brusseaux che mette troppa carne sul fuoco - dall'Afghanistan all’insospettabile serial killer -, togliendo suspense e brivido, a un poliziesco dalla struttura classica, tradizionale, ma aggiornata e corretta. Naturalmente, meglio quelli anni Settanta, firmati da artigiani di lusso quali Jacques Deray, Henri Verneuil e José Giovanni, che avevano come potagonisti Delon, Belmondo o Ventura. Per non parlare del grande Melville e C. La storia, come dicevamo piena di 'particolari' e zeppa di personaggi, gira intorno alle indagini su un misterioso cecchino che spara contro i poliziotti, durante una rapina in banca, proprio quando il capitano Mattei (un Daniel Auteuil sottotono) sta per arrestare la famigerata gang. E così vengono fuori rapporti impensabili, particolari che collegano diversi criminali ma anche i poliziotti. Se le intenzioni erano quelle di fotografare la discesa agli inferi, fisica e psicologica degli uomini (personaggi), e contemporaneamente fare una riflessione sui recessi dell'animo umano e i sempre più impalpabili confini che separano bene e male - come anticipano gli autori -, il film non fa centro, perché tutto resta in superficie. Oltre Auteuil, c'è un sempre efficace Mathieu Kassovitz (Vincent Kaminski), Olivier Gourmet (Franck, il dottore), attore feticcio dei fratelli Dardenne; Violante Placido (Anna), Luca Argentero (Nico), Francis Renaud (Eric) e lo stesso Michele Placido. Partecipazione/cameo amichevole di Fanny Ardant (Barbara).
Corsicato, invece, ne "Il volto di un'altra" seduce con le immagini e le atmosfere, diverte con scene da acida satira e sana cattiveria, e coinvolge con situazioni e personaggi che rimandano al cinema da lui amato e non solo. "Il film vuole raccontare il gusto anche morboso di seguire le storie - esordisce il regista -, perciò riporta in mente "L'asso nella manica" di Billy Wilder che, in questo senso, è esemplare; ci sorprendiamo ancora delle cose che sono state raccontate già tempo fa. Il finale è molto aperto perché ognuno possa cogliere un'interpretazione. Forse la protagonista è più stronza e carica di prima; oppure si è rigenerata, tanto che ha visto il cerbiatto, è diventata santa, ma poi riceve l'ultima bastonata e ne esce incolume segno che è più cazzuta. Un po' di compiacimento sul come ci comportiamo e/o affrontiamo in questi casi. Buona, cattiva o meno, Bella continua ad andare avanti".
"Ho grandi dubbi - prosegue - non ho una risposta sul finale, forse c'è speranza. In primo luogo volevo divertirmi e che il film arrivi alle persone, mi piaceva l'idea aulica di prendere coscienza di un lato positivo della vita: una che si salva o non si salva? Non saprei. L'unione con la natura, con i propri sentimenti e l'umanità ma, forse, non è così". "L'idea di usare il bianco e nero è venuta per caso - rivela -, per svelare che di mezzo c'è la finzione, mi sembrava adatto alla storia e al personaggio. Le mie citazioni sono spontanee, casomai di tutto il cinema". "E' difficile interpretare personaggi come questi - confessa Laura Chiatti -, ma amo potermi mettere in gioco, mai interpretato donne esistite, riguarda un cinema lontano da Pappi, una recitazione realistica e anche naturalistica. Ma io non ho una preparazione teatrale, vado ad istinto, mi piace entrare in un determinato personaggio con chiavi anche diverse, non lo giudico, l'affronto senza retorica né moralismi né pregiudizio. Bella è ambiziosa non vuole mettersi in secondo piano, ma il fatto di non avere più un volto le fa scoprire un certo potere; è molto contaminata dall'ambiente in cui vive, e ad un certo punto pensa di redimersi, ma alla fine non la pensa così".
"E' bello poter fare un ruolo non naturalistico - ribatte Iaia Forte -, visto che spesso ti chiedono naturalismo. Mi divertiva interpretare una suora, garante di una certa etica e comportamento, che in realtà è cattivissima, ruba, ricatta, corrompe". "Bella è una che prende delle decisioni, propositiva - sostiene l'autore -, mette in azione delle cose, da questo punto di vista sembra sì eroica. Il personaggio di René, invece, è molto più semplice e, paradossalmente, realistico perché i pseudo dottori, chirurghi plastici, sono abbastanza verosimili: abbronzati e affascinanti. Penso che esistano, anche la letteratura è piena di personaggi così, e il film è molto legato alla realtà contemporanea". "Il personaggio di René è ciò che ci sembra scontato - ribatte Alessandro Preziosi -, azzardato come casella cinematografica, esasperato dalla realtà. Fa da contrappunto all'universo femminile, che deve creare un'altra immagine da sé. Ci chiediamo quanto riesca ad essere affascinante una donna quando esce, ma non ce lo chiediamo mai degli uomini. René è in opposizione alla donna, uno spunto di riflessione sull'inadeguatezza dell'uomo, sul lavoro, nel concetto del bello".
"Bella vuole essere, apparire - chiosa la Chiatti -, i due personaggi non sono in contrapposizione, ma la stessa cosa. Il raggiungimento delle cose, le ambizioni, se non ci si afferma come attore, oggi per le nuove generazioni è come non affermarsi per niente. Invece, io invidio quelli che hanno una famiglia e sono felici. Nel nostro campo se non sei attenta alla perfezione alla fine lo diventi, perche ogni volta che ti 'beccano' ti massacrano. Ho un aneddotto carino da raccontare, mentre recitavano in alta montagna portavo sempre tacchi altissimi perché non sono alta, e la costumista mi ha chiesto se volevo le ballerine e io ho risposto 'preferirei donare un rene' e Pappi ha preso la battuta per il film. Non so se è snobbismo o figaggime, ma non avendo un'altezza media preferisco i tacchi a spillo. Sono molto libera e rispetto la libertà altrui, credo di essere la più sincera, non mi piace l'abuso di qualsiasi cosa, non mi piace la chirurgia che riesce travolgere una persona, e poi vedi in giro certi 'mostri'. ho deciso solo di ritoccarmi il seno, dopo il film, visto che il lavoro mia aveva risucchiata e avevo perso qualche chilo. Niente di più".
"Laura non ha quel vezzo di guardarsi allo specchio e sentirsi figa, non considerare la propria estetica è molto importante per chi dirige, ma anche per gli attori stessi. Per un regista è molto buono perché 'rompe' meno di altri. In realtà volevo un film gotico, del tipo da castello austriaco, dall'aria un po' incantata, dato che in Alto Adige ancora vestono come in costume, a parte la natura meravigliosa, il paesaggio è fiabesco, gotico, austroungarico. Anche il Piemonte è meravigliose, ma li c'è quel vizzo, quegli squarci". "Per chi ama al cinema - conclude Corsicato su citazioni e rimandi - c'è tutto, anche 'occhi senza volto' e non solo cinema, ma anche arte, fotografia, moda e sempre con ironia e leggerezza.". José de Arcangelo