sabato 30 giugno 2012

Mostra di Pesaro. Le conseguenze della guerra fratricida in Bosnia sulla nuova generazione nel film di Aida Bigic, e la tragedia dei naufraghi del 'viaggio della speranza' in quello di Sandro Dioniso

PESARO, 30 - Presentati ieri sera gli ultimi due film in concorso, l'italiano "Un consiglio da Dio" di Sandro Dioniso, scritto con Flavio Alaia, e il bosniaco "Djeca" di Aida Bigic. Il primo è un esperimento non del tutto riuscito, un tentativo di fondere un testo di finzione con interviste dal vero, cioè documentarie, degli immigrati naufragati/approdati in Italia via mare dopo un'infernale odissea durata mesi, a volte anni.

Nonostante l'efficacia del testo e dell'interprete Vinicio Marchioni, i suoi spietati monologhi (anche metaforici) non riescono a sposare i racconti degli extracomunitari sul loro ‘viaggio della speranza’, e l'opera resta in bilico tra la rappresentazione teatrale all'aperto (sulla spiaggia-cimitero) e il documentario sociale. Anche quando il film si propone come un’analisi lirico-efferata del male, i due versanti non si amalgamano mai del tutto. Da una parte il racconto nudo e crudo del ‘trova cadaveri’, sorta di Caronte contemporaneo; dall’altra le testimonianze altrettanto dure e tormentate. Comunque, “Un consiglio a Dio” resta un valido intento di fondere cinema, teatro e documento. “Una riflessione sul tema dei migranti – dice l’autore -, visto in chiave paradossale e grottesca”. Al contrario "Djeca" colpisce e conquista prima dal punto di vista cinematografico, poi da quello umano, anche quando non si riesca a capire fino in fondo i retroscena dell'esistenza della giovane protagonista. Infatti, il passato viene evocato, anzi accennato, in qualche dialogo e in rari, ma efficaci, flashback di repertorio (la guerra). Però tocca allo spettatore intuire e capire una tragedia che non possiamo aver dimenticato, anche se sono passati quasi vent'anni. La ventitreenne Rahima e il fratello quattordicenne Nedim sono orfani della guerra in Bosnia. Vivono a Sarajevo, in una società in fase di transizione e cambiamento che ha ormai peso ogni compassione verso i figli delle vittime del conflitto. Ma, dopo un’adolescenza inquieta, Rahima ha trovato conforto nell’Islam e spera che il fratello segua le sue orme, ma a scuola il ragazzo si scontra col figlio di un potente ministro e la situazione precipita. Infatti, il film narra la storia di una generazione, nata e/o cresciuta dopo la guerra fratricida, vittima soprattutto delle conseguenze, sopravvissuta ad un mondo che non esiste più, forse, e alla ricerca di una nuova strada verso il futuro.
Visti, tra gli eventi speciali, anche il primo documentario ‘partecipato’ ovvero “Il pranzo di Natale”, costruito con il contributo filmico di tante persone – tra registi e gente comune – che offre un quadro sull’argomento ora grottesco ora genuino ora semplicemente documentario della ‘festa’ per eccellenza degli italiani, non solo. Un gustoso viaggio tra sentimenti e costumi, tradizione e trasformazione, ricordi e momenti vissuti. Un altro, gustoso, ‘esperimento’ ideato dalla regista Antonietta De Lillo, intervallato da una conversazione con Piera degli Esposti a cura di Marcello Garofalo. E “Ciao Silvano” di Tecla Taidelli, affettuoso e sincero omaggio a Silvano Cavatorta, docente alla Scuola di Cinema di Milano e fondatore dell’associazione e del festival Filmmaker, da parte della sua allieva più irrequieta. Realizzato su richiesta della stessa moglie di Cavatorta, la regista ripercorre la vita del fimmaker scomparso nel 2011 dando voce ai suoi amici e colleghi. “Silvano mi aveva ammessa – confessa l’autrice – nonostante mi fosse presentata con l’aspetto punk e con i capelli dipinti
di arancione e mi ha sempre supportato e ‘sopportato’ in ogni mio progetto”. Per la sezione “Il cinema documentario oggi: l’Italia allo specchio”, sono passati anche “Thyssenkrupp Blues” di Pietro Balla e Monica Repetto (2008), già presentato al Festival di Venezia, e “Predappio in luce” di Marco Bertozzi, passato lo stesso anno al Festival di Roma. Il primo, attraverso le vicende – prima e dopo la tragedia - di un operaio della Thyssenkrupp Acciai Speciali costretto al licenziamento e poi richiamato a lavorare durante lo smantellamento, offre la testimonianza del terribile incendio in cui bruciarono vivi sette suoi compagni di lavoro. Il secondo ‘indaga’ sul perché Predappio, la città del duce, è ancora oggetto di viste nostalgiche e di rituali altrove impensabili. Poi la giornata è stata interamente dedicata all’evento speciale Nanni Moretti, tra l’incontro col (di cui parliamo altrove), l’inaugurazione della mostra a lui dedicata e le proiezioni dei suoi film e corti. José de Arcangelo