lunedì 31 ottobre 2011

Da "L'industriale" di Giuliano Montaldo a "Babycall" con Noomi Rapace, i disagi e i tormenti del mondo contemporaneo al RFF

ROMA, 31 - Non delude Giuliano Montaldo con "L'industriale" anche se il finale non convince completamente, e rischia di oscurare il ritratto di un industriali come tanti colpevole soprattutto di essere onesto e di non arrendersi mai alle 'leggi del mercato' finanziario. Un'altra buona occasione per Pierfrancesco Favino, assecondato da una Carolina Crescentini sempre più in ascesa.
La storia del quarantenne Nicola (Favino) proprietario di una piccola fabbrica torinese sull'orlo del fallimento, immersa nella grande crisi economica che soffoca l'intero paese. Ma è orgoglioso, tenace e non cede a compromessi, casomai cerca di contracambiare chi vuole sfruttare la sua situazione, con la truffa e l'imbroglio, ma senza cacciare i suoioperai né corrompere o farsi corrompere da nessuno. Sua moglie Laura (Crescentini) sembra essere sempre più lontana e Nicola, anziché parlarne, comincia a sospettare di lei... Ed è questo tema che poi finisce per travolgere la storia, diventandone alla fine il perno. Unica pecca, forse.
Il regista Pal Sleutane e la protagonista Noomi Rapace (la protagonista della trilogia dal best-seller "Millennium"), entrambi norvegesi, hanno presentato il dramma horror "Babycall" nel concorso ufficiale del Festival Internazionale del Film di Roma.
"Non è un caso che De Chirico sia il mio pittore preferito perché è in bilico tra quello che è o non è reale, però mai buio, oscuro; e il mio film è un horror in pieno giorno, niente buio né ombre. Un film che tratta, anzi racconta l'amore, la cosa più pericolosa della nostra vita eche ci mette sempre in gioco, oltre che dell'amore genitoriale, materno. E' un po' un gioco di scatole cinese, un puzzle in cui tutti i personaggi sonoin qualche modo simile. Anche Anna (il personaggio interpretato dalla Rapace ndr.) ha un rapporto particolare col figlio, come Avgel con la madre, questo è molto importante perché è il mio primo film con una protagonista femminile. Tutti mi chiedevano 'Come hai deciso di fare un film su una donna?', non lo so, l'ho sc ritto e basta. Tutti i personaggi fanno parte di me, e come nei film di Lars von Trier tutte le donne mi sono più vicine degli uomini. Non è necessario rispettare né l'età né il genere".
"Anna è molto diversa dai personaggi che ho interpretato prima, è una donna molto fragile, non combattente. Io invece sono una persona molto fisica, mi piace l'attività, lei è molto più fragile, debole. Non ho fatto attività fisica per mesi, ho incontrato una donna la cui figlia era stata violentata e uccisa dieci anni prima, ma mi ha parlato liberamente della sua terribile esperienza, di quando si è resa conto della scomparsa della figlia, quando ha scoperto poi che era stata uccisa. Le cose che lei mi ha detto le ho assorbite, tanto che il mio corpo era indolenzito, provavo dolore dappertutto tanto che mi hanno fatto dei massaggi ma non è servito a nulla. Mi faceva male la schiena, il personaggio ha preso il sopravvento sul mio corpo, mi sentivo debole, non riuscivo ad andare dall'albergo alla macchina. E' stata difficile, ma dopo l'ultimo giorno di lavorazione, il dolore è scomparso, non c'era nulla che non andasse tranne la presenza di Anna, il suo fantasma, era in qualche modo entrato in me. Quello che faccio lo faccio sempre al 100 per cento, ma non avevo mai avuto così tanti incubi, né mi ero sentita al limiti del baratro. Recitando si può uscire dalla propria realtà, se dobbiamo ritirare i remi in barca per farlo per me va bene, a me piace andare sul confine di questi personaggi".
"Perché i bambini nell'horror? - afferma il regista - perché è l'elemento più vulnerabile nella vita, io quando è nata figlia avevo 45 anni, e la mia vita cambiata, le mie paure pure, i figli sono anche fonte di terrore ansia angoscia per quello che potrebbe succedere loro. Penso che per lo più siamo pronti ad accettare la propria morte ma non la possibilità della morte dei figli".
"E poi un bambino cattivo fa più paura di un adulto", ribatte la produttrice Turid Oversveen.
"Ciò che è normale ciò che non lo è, amo il cinema perché si può fare tutto - afferma la Rapce -, niente è giusto niente è sbagliato, né bianco o nero, è possibile essere tutte queste c ose. A me non attira un personaggio sorridente felice simpatico e basta. Mi piace indagare, pormi delle domande. Difficile quando leggo le sceneggiatura e non riesco a capire il personaggio, scoprire come può reagire diventa la mia ossessiona. Devo capire se riesco a rapportarmi con questa realtà. Forse 'Sherlock Holmes 2' è più leggero, ma ho interpreto una zingara, un popolo ch emi interessa, incuriosisce, perché ancora oggi vengono trattati come animali. Ho pensato che pootevo rapportare il film con la realtà, portare alla ribalta un popolo sempre in fuga, che a volte, forse, vorrebb fermarsi. In realtà posso sempre apportare tonalità più scure, forse il mio cuore batte più forte per quelli che lottano, combattono. Non vorrei mai fare una commedia romantica".
"Tutti noi lavoriamo un po come delle antenne - dice il compositore spagnolo Fernando Velasquez -, Pal ha dato a noi degli spunti, e io pensavo a 'Tosca', 'Madame Bovary', ad una donna innamorata. Noi tutti siamo i creatori del film, e non facciamo altro che prendere questa forza che ci è stata data per creare qualcosa, non è di Pal né di Noomi, è di tutti. Io sono spagnolo, l'ho visto in lingua originale e l'ho capito senza comprendere i dialoghi, grazie alle interpretazioni, tanto che avrei voluto proteggere Anna da questi pericoli, di amare il figlio anche se sapevo non vero. Non è stato necessario leggere i sottotitoli prt capire il film. Il mio compito era dare un po' di calore con la muscia, emotiva ma non proprio da melodramma".
"La musica ha aggiunto una nuova dimensione al film - dichiara Noomi -, eppure la musica sembrava un sottotitolo di quello succedeva".
"Noi compositori siamo fortunati - ribatte il musicista -, il film è un dono, qualcosa di potente incredibile, e come aggiungere lievito all'impasto del pane, la mia musica ha dato calore a un film che adoro. L'idea di una donna, di una madre che combatte, e sono contento di non aver dovuto rifare le musiche dei film precedenti. Anche se non sono mai stato in Norvegia ed è diversa, ho capito l'anima della pellicola".
"Sono molto fortunata - confessa la produttrice Oversveen -, e questo è il terzo film di Pal che produco, siamo molto vicini, ho letto tutte le sue sceneggiature. Ho prodotto tutti tranne il primo, l'ho conosciuto nel 1992 quando ho visto un suo corto (di 30-40 minuti) in sala: straordinario, fra realtà e sogno, una specie di favola. Tanto che appena uscita ho detto: 'Qualcuno mi dica chi è questo regista'. Veramente ha toccato corde molto intime, c'erano diverse dimensioni nel film. Quando si tratta di reperire soldi, trovare il casting, il musicista, è necessario che il regista abiti lo stesso mondo in cui abiti tu. Io cerco sempre qualcosa di diverso, che abbia un senso, non qualunque tipo film, ma quelli che capisco o che mi sfuggono. Qualcosa di illogico, lo posso accettare, se ho la sensazione che il film funzioni, anche perché devo 'vendere'. Stavolta avevo due coproduttori, Karl Baumgartner & la svedese Anna Croneman. E' facile reperire i finanziamenti presentando sceneggiatura e cast all'unisono. A proposito di favole, penso che le emozioni siano fondamentali, il film non deve solo terrorizzare, non solo far paura. Il risultato si vede quando tutti quanti hanno contribuito a dare più emozioni".
"Oltre la sceneggiatura e i talenti - conclude il tedesco Baumgartner -, era interessante che avesse elementi di diversi generi; i produttori pensano solo al pubblico, ma non si può mai sapere quanto sarà grande. E forse questa commistione di generi farà avvvicinare il film al pubblico".

José de Arcangelo