sabato 11 settembre 2010

Venezia 67. I Leoni per Sofia Coppola e Alex de la Iglesia. Italia a mani vuote

Undicesimo e ultino giorno alla 67a. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia con la cerimonia di premiazione ufficiale, alle ore 19.00 in Sala Grande, preceduta da quella della sezione Orizzonti alle 17,30 in Sala Perla. Il Leone d’oro a sorpresa (ma non troppo) e “all’unanimità” a “Somewhere” di Sofia Coppola – i maligni hanno ricordato la passata love story del presidente della Giuria Tarantino, vistosamente commosso, con la regista -; ma anche il Leone d’Argento per la miglior regia allo spagnolo Alex de la Iglesia, autore di “Balada triste de trompeta”, hanno lasciato perplessa parte della critica, perché il mix di generi con preferenza per l’horror del regista non piace a tutti - ma sì a Quentin -, tanto che il film si è aggiudicato anche l’Osella d’Argento per la sceneggiatura, firmata dallo stesso regista. Premio speciale della Giuria per uno dei preferiti, “Essential Killing” di Jerzy Skolimowski, e Coppa Volpi per il miglior attore al protagonista Vincent Gallo, assente alla premiazione ma presente al Lido.
La Coppa Volpi per la miglior attrice è, invece, andata alla greca Ariane Labed, protagonista di “Attenberg” di Athina Rachel Tsangari. Leone speciale per l’insieme dell’opera a Monte Hellman; Osella per il miglior contributo tecnico a Mikhail Krichman per la fotografia del film “Silent Souls” di Aleksei Fedorchenko, Premio Marcello Mastroianni per giovane attore/attrice emergente a Mila Kunis, attrice non protagonista del film “Black Swan”; e Leone del Futuro, premio Venezia Luigi De Laurentiis, all’opera prima “Cogunluk” (Majority) del turco Seren Yuce, presentato nelle Giornate degli Autori. Nonostante la massiccia e buona presenza italiana in concorso (ben quattro film) e fuori nemmeno un premio di consolazione. Mazzacurati forse è stato penalizzato perché il suo film è una commedia, così come il francese “Potiche” di Ozon, però in un certo senso lo è anche il film spagnolo, sorta di miscela esplosiva di generi diversi.
Anche la critica online ha trascurato le opere italiane e decretato come migliori film della 67a. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Mouse d’Oro 2010, a Ovsyanki (Anime silenziose) di Aleksei Fedorchenko – che però era uno dei più quotati candidati al Leone d’oro - “per aver saputo unire con efficacia sperimentazione e narrazione all’interno di un’opera capace di uscire dagli schemi e al tempo stesso di analizzare le culture della sua terra”; Mouse d’Argento 2009 a “Incendies” di Denis Villeneuve (Giornate degli Autori) “per aver testimoniato in modo tragico ed esplicito l’insensatezza della guerra contaminando cinema della realtà e tragedia greca”.
Dopo la premiazione, il film di chiusura “The Tempest” di Julie Taymor, che torna a Venezia (fuori concorso) dopo “Frida” e reduce del successo di “Across the Universe” al Festival di Roma, qualche anno fa. Nel quarto centenario della prima messa in scena del celebre testo di William Shakespeare, già oggetto di tantissime riduzioni e rivisitazioni sul grande e sul piccolo schermo, in tutto il mondo, riecco “La tempesta”. Una versione moderna, fantasiosa e al femminile, visto che il celeberrimo stregone Prospero diventa donna e ha il regale aspetto di Dame Helen Mirren, una bravissima attrice da quasi quarant’anni sulla cresta dell’onda e pluripremiata, anche con l’Oscar (dopo tante nomination) per “The Queen”.
Il mago Prospero, anzi la maga Prospera manovra spiriti, mostri, un re in lutto, un anziano e saggio consigliere, due fratelli furfanti e un mare in tempesta per orchestrare una congiura fantastica che porta l’esilio, la stregoneria e il naufragio nelle vite di due sventurati amanti, accelerandone e suggellandone il destino. L’aspetto femminile del personaggio conferisce, in questo modo, al suo percorso verso la vendetta e la scoperta di sé una risonanza del tutto nuova. Quando Prospera spezza il suo bastone fatato sullo sfondo di un drammatico paesaggio vulcanico, al termine della sua eroica avventura, questa struggente vicenda d’amore e perdono si trasforma in un racconto cinematografico affascinante e mistico, che parla al nostro tempo.
“Anni fa avevo prodotto e diretto ‘The Tempest’ in teatro a New York – esordisce la regista – ed è stato il primo dramma di Shakespeare che ho realizzato. Mi sono innamorata subito della pièce e anche se erano stati girati già tanti altri film sull'opera, tra cui “L'ultima tempesta” di Peter Greenaway, il testo originale permette una tale quantità di soluzioni e di riletture che ognuno può interpretarlo come vuole, e c'è sempre spazio per una visione originale, personale. Poi ho avuto il cast migliore che potessi desiderare che, unito alla ineguagliabile bellezza del paesaggio (è stato girato su un’isola delle Hawaii ndr.) e agli effetti visivi che avevo a disposizione, ho pensato che il cinema potesse essere un altro mezzo perfetto per raccontare Shakespeare e la sua tragedia, la più complessa e completa che abbia mai letto in vita mia”.
“Non mi ero mai avvicinata a ‘La Tempesta’ prima – confessa la Mirren -, neanche a teatro, quando mi è stato offerto il ruolo ne sono rimasta affascinata perché Shakespeare è stato l'autore che tanti anni fa mi ha spinto ad intraprendere la carriera di attrice teatrale. Pensate che il mio primo ruolo in una recita scolastica è stato proprio quello di Caliban (lo schiavo, nel film interpretato da Djimon Hounsou ndr.). Alcuni anni fa sono andata a vedere la pièce insieme al mio amico (e collega ndr.) Derek Jacobi e ho pensato che Prospero avrebbe potuto essere interpretato anche da una donna, senza bisogno di cambiare tanto i dialoghi né la storia. Infine, due anni fa l'incontro con Julie, non ci conoscevamo ma in un certo senso la pensavamo allo stesso modo. Entrambe avevamo voglia di lavorare insieme e lei mi chiese cosa mi sarebbe piaciuto fare al cinema. Io risposi senza dubbi che mi sarebbe tanto piaciuto recitare nella versione femminile di Prospero e lei mi disse che ci aveva già pensato. Eravamo come due universi paralleli che non si erano mai incontrati”.
Gli altri premi: il Premio Orizzonti è andato al messicano “Verano de Goliat” di Nicolàs Pereda e il Gran Premio Speciale della Giuria a “The Forgotten Space” di Noel Burch e Allan Sekula. Ma in giornata erano stati presentati ben venticinque titoli della sezione Orizzonti in proiezione dalle ore 8.30 al pomeriggio, in Sala Perla. Tra gli altri riconoscimenti paralleli il Premio Orizzonti Cortometraggio a “Coming Attractions” di Peter Tscherkassky; Premio Orizzonti Mediometraggio a “Tse” (Out) di Roee Rosen; Menzione Speciale a “Jean Gentil” di Israel Cardenas e Amelia Laura Guzman; Venice Short Film Nominee for the European Film Awards “The External World” di David OReilly. I Premi FIPRESCI: per il Miglior film Venezia 67 è stato assegnato al russo “Silent Souls” di Aleksei Fedorchenko e per il Miglior film delle sezioni Orizzonti e Settimana Internazionale della Critica a “El Sicario - Room 164” di Gianfranco Rosi, co-produzione Italia-Francia. Un premio collaterale, Selezione Cinema Doc, per un altro documentario italiano, “Il sangue verde” di Andrea Segre sui braccianti, immigrati africani, di Rosarno. Il film sarà presentato a Roma (Cinema Farnese alle 20.30) il 13 settembre e a Milano (Milano FilmFest ore 17.30 al Teatro Studio) il 14 settembre. Il giorno dopo andrà in onda su Raitre (Doc 3) il 15 alle 23.00.
José de Arcangelo