venerdì 3 settembre 2010

Nubifragio sulla Terza giornata della 67a. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia per Sofia Coppola e gli italiani Torre e Incerti

Inaugurata da un nubifragio sul Lido di Venezia la terza giornata della 67a. edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Passerella allagata, caduta dei famosi Leoni di Dante Ferretti, acqua piovana dal soffitto in sala stampa, dove è stato necessario staccare l'impianto elettrico. L'acqua ha invaso persino il pianterreno del Casinò e ha reso impraticabile l'uscita dalla Sala Volpi. Il rumore del nubifragio ha anche disturbato la conferenza stampa di “Somewhere” quarta opera della figlia d’arte Sofia Coppola, presentata oggi in concorso e subito dopo nelle sale italiane.
Tra i film in programma anche “I baci mai dati” di Roberta Torre, che ha aperto la sezione Controcampo Italiano. “Gorbaciof” di Stefano Incerti, con un sempre grande Toni Servillo, e “La commedia” di Amos Poe, ispirata al sommo Dante, entrambi fuori concorso. In gara per Venezia 67 “Happy Few” di Antony Cordier e “Somewhere”, appunto. La sezione Orizzonti è andata avanti con “Malavoglia” di Pasquale Scimeca, rivisitazione contemporanea del celebre romanzo di Giovanni Verga, già fonte ispiratrice di “La terra trema” di Luchino Visconti. Oggi inoltre è la giornata dedicata a John Woo, il grande regista di Hong Kong passato con successo a Hollywood, Leone d'Oro alla carriera di questa edizione del Festival.
Il film della Coppola, narra una storia non certo nuova ma da un punto di vista particolare, in cui la regista ha messo qualche episodio della sua adolescenza (due salti a casinò) e la sua esperienza in campo. Johnny Marco (lStephen Dorff) è una giovane star hollywoodiano, sempre centro d’attenzione dei giornali scandalistici: ha una Ferrari che ama più di altra cosa al mondo, e ragazze e pasticche sempre a disposizione per quando rimane a casa. Johnny passa i suoi giorni così, in questo beato torpore. Ma un giorno però la figlia undicenne Cleo (la sorprendente Elle Fanning), avuta da un matrimonio fallito, arriva inaspettatamente al suo lussuoso hotel costringendolo a guardare in faccia la realtà della sua vita. E tutto cambierà, anche la sua esistenza. Sempre delicato e al tempo stesso intenso, il film dell’autrice di “Lost in Translation” seduce ma, in parte, divide la critica.
Il lungometraggio della Torre narra, invece, di Manuela, tredicenne di Librino, un quartiere “modello”, periferico e degradato di Catania. L’adolescente un giorno si inventa di poter fare miracoli. La gente non desidera che crederle e lei, che vorrebbe solo ritagliare donne di carta per i suoi collage, andare al mare con il fidanzato e sognare sogni dove vivono donne con capelli di zucchero filato che finalmente si lasciano pettinare e madri accoglienti e rotonde che sorridono sempre, si ritrova, all’improvviso, quasi santa. Da quel momento irrompe nella sua vita un’umanità affamata e bisognosa che le chiede di tutto: dal posto di lavoro perduto alla vincita al Totocalcio, da un sogno mai realizzato a un cambio di personalità e, chissà, di vita. Mentre sua madre Rita intravede la possibilità di farne un commercio, Manuela osserva e sgrana gli occhi davanti a tutti quelli che le sfilano davanti come marionette impazzite… Si spaventa e vorrebbe smettere di fare la santa, ma non è più così facile. Perché suo malgrado un miracolo accade…
Incerti, come di consueto, si affida ad una storia originale, un amore particolare nella Napoli dove può accadere tutto e il contrario di tutto. Marino Pacileo, detto “Gorbaciof” a causa di una vistosa voglia sulla fronte, è il contabile del carcere di Poggioreale a Napoli. Schivo e silenzioso, Pacileo ha una sola passione: il gioco d’azzardo. Quando scopre che il padre di Lila, la giovane cinese di cui è innamorato, non può coprire un debito contratto al gioco, l’uomo sottrae i soldi dalla cassa del carcere per darli alla ragazza. Dal quel momento, tra partite sbagliate, riscossione di tangenti e rapine, inizia una spirale discendente dalla quale non sarà più in grado di uscire.
“La Commedia” di Amos Poe – protagonista del cinema alternativo americano, underground si diceva allora anziché indipendente come accade oggi, fin dagli anni Settanta - si ispira al capolavoro letterario di Dante Alighieri e a “The Horse in Motion” di Edward Muybridge, considerato da molti uno dei pionieri del cinema, per la rivoluzionaria scoperta della fotografia in movimento alla fine dell’Ottocento. L’idea chiave del film è quella di un viaggio in movimento, uno schema di eventi. Amos e Dante sono due” viaggiatori” che si confrontano nel pieno di una crisi di mezz’età: “Nel mezzo del cammin di nostra vita | mi ritrovai per una selva oscura…”, come recita l’incipit dell’Inferno. Concepito come un documento di “cinema-verità” – nettamente d’autore - di un viaggio estivo di Poe in Italia e Francia, ‘La Commedia’ si concentra innanzitutto sulla percezione del movimento nel cinema: è composto infatti da seimila fotografie scattate tra maggio e settembre 2009, per lo più a Firenze.
“Volevo girare un film – confessa il regista -, ed ero alla ricerca di un buon scrittore. Ho immediatamente pensato a Dante. ‘La Commedia’ è cresciuta in modo organico a partire dalle mie letture della Divina Commedia, dal fascino evocato dalla riscoperta delle origini del cinema come flusso di immagini in movimento e come poesia, e grazie all'aiuto di migliaia di fan su Facebook. Mi auguro che lo spettatore sia rapito da ciò che accade sullo schermo e da ciò che verrà evocato in lui a livello emotivo. Credo che la magia del cinema stia proprio in questa interazione di universi narrativi, quello visivo e quello interiore”.
Un dramma più intimista quello del francese Cordier, su confusione e disagio, utopia esistenziale e amore. Due coppie sulla trentina si incontrano e s’innamorano perdutamente. Dormono assieme, passano le giornate assieme. Provano ad andare avanti assieme, senza regole e senza menzogne. Ma molto in fretta si perdono nella confusione. E faranno qualunque cosa per poter fuggire.
Versione contemporanea del capolavoro di Verga, il film di Scimeca lo immerge nella realtà di oggi, non meno dura di quella dell’originale. Ma, convinto che il cinema debba servire a qualcosa, non concede quasi niente allo spettacolo. Il suo cinema, sempre appassionato, viscerale e impegnato, conquista ma di certo non tutti.
Un giorno di un anno qualsiasi, agli albori del terzo millennio: ‘Ntoni Malavoglia assiste a uno sbarco di clandestini. Sulla nave c’è Alef, che approfittando della confusione riesce a scappare. ‘Ntoni l’aiuta; gli trova un lavoro nelle serre e una casa nel vicolo dove abita con la sua famiglia. I Malavoglia sono pescatori. Possiedono una barca, la Provvidenza, e una casa, che tutti chiamano “La casa del Nespolo”. La famiglia è composta dal nonno Padron ‘Ntoni, da Bastianazzo, dalla moglie Maruzza e dai figli ‘Ntoni, Mena, Alessi e Lia. ‘Ntoni ha vent’anni e gli altri sono tutti più piccoli. Sono ragazzi poveri, che a malapena hanno finito le scuole dell’obbligo. Una notte la Provvidenza fa naufragio e Bastianazzo muore. La famiglia inizia così a disgregarsi...
In serata la cerimonia di consegna del Leone d’oro alla carriera a John Woo, seguita dalla proiezione in prima mondiale di “Jianyu” (Reign of Assassins), il film di Su Chao-Pin, prodotto da Terence Chang, di cui Woo firma la supervisione alla regia, “Jianyu”, vanta un cast molto variegato e composto, dalla regina del film d'azione asiatico Michelle Yeoh (presente al Lido) e dalla superstar coreana Jung Woo Sung, e dalle star cinesi e taiwanesi Barbie Hsu, Wang Xueqi, Kelly Lin e Angeles Woo.
José de Arcangelo