giovedì 22 ottobre 2009

I fratelli Coen e Meryl Streep, accoppiata vincente del Roma Film Fest



ROMA, 22 – Ultima giornata di proiezioni e di arrivi per il Festival Internazionale del Film di Roma con l’accoppiata fratelli Coen-Meryl Streep. I primi per presentare in anteprima, fuori concorso, “A Serious Man”, la seconda per ricevere il Marc’Aurelio d’oro alla carriera (che le sarà consegnato domani in Campidoglio) e, per l’occasione, l’anteprima italiana di “Julie & Julia” di Nora Ephron, da domani nelle sale. E per migliaia di giovanissimi, gli aspiranti divi della saga “Twilight” approdati al festival per promuovere il secondo capitolo “New Moon” (in uscita mondiale il 18 novembre) con la presentazione dei primi venti minuti: Jamie Campbell Bower, Charlie Bewley e Cameron Bright, ovvero i membri della famiglia Volturi, accompagnati dalla sceneggiatrice Melissa Rosenberg.

Il film dei Coen dovrebbe essere il più personale dell’attivissimo e incorreggibile duo di autori perché, oltre che ambientato nella loro città natale (Minneapolis), scava a fondo nelle loro radici ebraiche. Una corrosiva e pessimistica commedia – naturalmente più nera che rosa – sulla disperazione. Ma “niente di autobiografico” spiegano.

Ambiente e personaggi che i Coen conoscono nei minimi particolari, visto che ci sono cresciuti.

“L'essere ebrei è gran parte della nostra identità - confessano – e, ovviamente, si riflette nei nostri comportamenti, in quello che facciamo. Compreso quella sorta di pessimismo che pervade i nostri film”. Però il grande Woody non c’entra, perché gli inseparabili fratelli si muovono in un contesto molto diverso. “Sì, è vero – affermano all’unisono Joel ed Ethan - il paragone tra questo film e quelli di Allen è interessante, ma in negativo: lui infatti ha una sensibilità ebraica tipicamente newyorkese, completamente differente rispetto ai nostri personaggi”.

La vicenda raccontata nella commedia, ambientata nel 1967, è quella di Larry (Michael Stuhlbarg, attore che proviene dal teatro), professore di fisica alle prese coi problemi della sua famiglia. La consorte (Sari Lennick) lo vuole lasciare per “un uomo serio”, al contrario di lui; il fratello disoccupato (Richard Kind) che dorme sul suo divano; il figlio Danny (Aaron Wolff) che aspira solo di fumare erba e ascoltare musica; la figlia Sarah (Jessica McManus) ossessionata dall’idea di rifarsi il naso. E, di fronte a tutto questo caos, lui decide di chiedere consiglio a tre rabbini diversi.

Già perché la pellicola è la somma di cultura e riti ebraici, incluso il prologo in yiddish ambientato nella Polonia dell’Ottocento.

Infatti, per quanto riguarda le reazioni della comunità ebraica americana, i due registi affermano: “Sarà perché gli ebrei ortodossi non vanno al cinema, ma ci aspettavamo all’uscita una qualche reazione magari perché c’è sempre quando si parla di una comunità specifica, di dinamiche precise e circoscritte, ancora di più se lo si fa ridendoci sopra. E, invece, la maggioranza delle reazioni, anche da parte della comunità ebraica, sono state positive. Oltre ogni aspettativa”.

In “Julie & Julia”, invece, Meryl Streep è Julia Child, una cuoca molto popolare negli States negli anni ’60 che aveva imparato a cucinare in Francia, stufa di fare la casalinga al seguito del marito funzionario d’ambasciata. “Tornando in patria – afferma l’attrice – ha mostrato all’intero paese come cucinare in maniera sana. La ricordo perfettamente perché era molto famosa nell’epoca in cui stavo crescendo”.

Julie Powell (Amy Adams, già al fianco della Streep in “Il dubbio”) è, invece, la trentenne che - nel 2002 - cambiò la sua vita imparando che cosa si può fare in cucina, ma partendo proprio dagli insegnamenti dell’altra Julia. Insomma le due avevano in comune, oltre il nome, l’ossessione per il cibo. Un’ossessione che, però, ha regalato loro la felicità. Nella vita e nel film, almeno è quello che ci racconta la ‘leggenda’.

Quindi, una commedia che - come spiega la Streep - è un inno ai veri piaceri dell’esistenza: “Amore, sesso e cibo: sono i tre gioielli che questa storia esalta, le cose che veramente contano, più di lavoro e carriera. Finché abbiamo un tetto sulla testa e le nostre necessità sono soddisfatte, si può essere felici. Per me, personalmente, è del tutto vero”.

Riguardo la vera Julia Child (ora scomparsa), l’attrice dice: “Ho avuto uno scambio di corrispondenza con lei: sono stata sempre molto attiva nel movimento slow food, che sostiene il piacere del gusto e del buon gusto, e la necessità di ingredienti freschi e genuini. Credevo che ci avrebbe sostenuto, invece con noi si è mostrata molto scorbutica! Però poi ha cambiato atteggiamento”.

“Mi sono riguardate tutte le trasmissioni televisive di cui era protagonista – confessa la due volte premio Oscar e con un record di nomination -, ho letto tantissimo di lei, di certo non ho avuto il tempo per aver paura di entrare nelle sue vesti perché ormai faccio passare pochissimo tempo tra un film e l’altro. Poi, come faccio sempre più spesso, mi sono ispirata a mia madre, donna solare ed energica. L’occasione di interpretare una persona reale ma tenendo sempre presente una donna che amo come mia madre, capace di guardare non alle cose negative ma solo a quelle positive, belle, della vita. Una donna cui ho tentato di somigliare. Tutte le donne avide di vita e vivaci che ho interpretato finora le ho fatte pensando a lei. E spero di farne altre in futuro”.

L’antidiva Meryl non ama gli elogi e non stravede per i premi anche se li accetta, come un ulteriore incoraggiamento. “Non mi interessano i complimenti eccessivi, tendo a pensare al lavoro più che ai premi, anzi tendo a non pensare agli Oscar anche se ho constatato che le nomination contano tanto proprio perché sono colleghi come me a poter scegliere. Però io sono sempre alla ricerca di ciò che è imperfetto, fragile, che si può migliorare”.

E il tempo che passa, anche per le star? “L’antidoto per me è un forte senso di gratitudine – dichiara -, perché ‘sono ancora qui’. Sì, ho sessant’anni, la mia vita è stata fortunata e devo ammettere che nella nostra professione ci sono carriere diverse. Io non mi sono mai preoccupata del glamour e della bellezza e ho sempre pensato di me stessa che mi si poteva plasmare come l’argilla. Posso dire di essere contenta di questa scelta ma capisco che oggi tutto è diverso: l’attenzione alla forma è costante e asfissiante rispetto a quando io ero giovane e chi comincia ora subisce una pressione molto forte. Trovo che la moda possa intralciare la strada di un’attrice, condizionare la scelta di un ruolo piuttosto che un altro. Io sono grata a questa professione per tutto ciò che essa mi ha permesso di esprimere ma temo che oggi anche le mie figlie che fanno le attrici siano costrette a fare scelte difficili. Io le mie le ho già fatte e, quando oggi in Cina, la gente mi indica dicendo ‘Kramer vs. Kramer’, un film vecchissimo, mi commuovo e capisco di aver fatto la cosa giusta”.

Ma ieri era passato anche l’ultimo film in concorso “Broderskab – Brotherhood”, opera prima del fotografo di moda danese (di origine italiana) Nicolo Donato. Un forte, lucido e inquietante dramma d’attualità sull’ondata di razzismo e omofobia (non solo) che sta sconvolgendo l’intera Europa e che si identifica nei gruppi neonazisti. Una storia dove il disagio e l’insoddisfazione, le apparenze e il pregiudizio portano alla violenza, ma anche dove l’avvicinamento, la conoscenza, il contatto portano alla riscoperta dei sentimenti più nascosti e dei desideri repressi.

Lars è costretto dai pregiudizi (e dalle dicerie) a lasciare l’esercito e, avvicinato durante una festa, viene convinto ad entrare in un gruppo neonazi che organizza raid punitivi contro musulmani e omosessuali. L’apprendistato alla ‘fratellanza’ è duro e Lars viene affiancato dal mentore Jimmy, incaricato di testarne l’affidabilità e la preparazione sui testi fondamentali (leggi Mein Kampf di Hitler). Imprevedibilmente, tra i due scoppia la passione. Un amore prima represso, poi vissuto in segreto, finché alla fine le regole razziste e violente del gruppo metteranno gli amanti di fronte all’inevitabile contraddizione: tradire i ‘fratelli’ di ideologia o tradire l’altro e i propri sentimenti. Però, qualunque sia la scelta, porterà dritti alla violenza, fisica e/o psichica.

Domani si chiude con la cerimonia di premiazione, stavolta di sera, a partire dalle 18.30 e, a seguire, la proiezione di "Julie & Julia", appunto, anteprima fuori concorso.

José de Arcangelo