domenica 6 settembre 2009

Festa per il Leone d'Oro a John Lasseter e alla Disney-Pixar, ma anche tanti film al Lido


Quinto giorno per la 66a. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e giornata dedicata alla Disney Pixar, visto che il Leone d’oro alla carriera è stato consegnato da George Lucas – alle 16.30 in Sala Grande - al regista John Lasseter (e ai suoi colleghi), pioniere e fautore dei più grandi successi dello straordinario sodalizio dei due studios, tra classicità e rinnovamento, del cinema d’animazione. Infatti, sono stati proiettati alcuni dei loro capolavori come “Toy Story” e “Toy Story 2” nella nuova versione 3-D, “Alla ricerca di Nemo” e “Gli incredibili”. Festa per i bambini con la presenza dei loro eroi ‘in carne e ossa’, si fa per dire visto che sono sempre delle ‘controfigure’, e per i gadget, come è tradizione in casa Disney.

Tra i film in programma oggi, due in concorso, “White Material” di Claire Denis e l’atteso, nuovo documentario, Capitalism: A Love Story” di Michael Moore che ricostruisce la storia dell’economia americana, attraverso la recente crisi e il, discusso, salvataggio delle banche da parte del governo. Nella sezione Orizzonti, il brasiliano “Insolaçao” di Felipe Hirsch e Daniela Thomas, il vietnamita “Choi voi” di Thac Chuyen Bui, e il documentario svizzero “Hugo en Afrique” di Stefano Knuchel. Nella stessa sezione, ieri, è stato presentato, tra gli eventi, il documentario di Pappi Corsicato “Armando Testa – Povero, ma moderno”.

L’autore, a proposito del suo mediometraggio, afferma: “Gran parte del lavoro di Armando Testa, è un cardine della mia memoria visiva. Grazie al materiale d’archivio ho potuto riscoprire ed approfondire la produzione di un genio, vero precursore della Pop Art. Il suo stile che fondeva e rielaborava arte, moda, cinema e design, era quello che solo molti anni dopo è stato etichettato come ‘Postmodern’. Ho cercato di raccontare il suo mondo, dialogando con le sue mitiche invenzioni utilizzando la ripresa ‘passo uno’, tecnica che Testa utilizzò per primo in spot pubblicitari. Testa si definiva ‘povero ma moderno’, coniugando due concetti apparentemente antitetici. Nella sua poetica questi due elementi, povertà e modernità, si fondono grazie ad una creatività e uno stile di vita pervasi di ironia e fantasia, proiettati verso il futuro”.

Proiettato anche “La Boheme” di Werner Herzog, ovvero l’opera pucciniana ambientata tra i Mursi, una popolazione del sud-ovest dell’Etiopia, che acquista così una nuova forza enigmatica. Oggi invece, sempre per gli eventi, “The Death of Pentheus” di Philip Has, versione cinematografica di un’installazione artistica esposta per la prima volta al Kimbell Museum.

Ispiratasi a un’antica coppa greca, i cui dipinti celebrano il dio Dioniso, la pellicola ha un formato tondo. All’inizio, si vedono gli uomini e poi il dio e i suoi satiri mentre raccolgono l’uva. I vasai danno forma e cuociono le coppe, e l’artista Douris dipinge scene della storia di Penteo, che si oppone al culto dionisiaco. Dioniso invita Penteo a guardare le menadi di Tebe, nascosto dalla cima di un albero. Le menadi lo scorgono e, in preda a una cieca frenesia estatica, gli lacerano le membra una a una, credendolo un animale. Persino Agave, madre di Penteo, non lo riconosce. Il padre di Agave, a palazzo, le rivela a chi appartiene la testa riportata dai boschi.

Ma, negli ultimi due giorni, sono passati altri due film italiani, accolti calorosamente da pubblico e critica, nella sezione Controcampo italiano: “Dieci inverni” di Valerio Mieli con Isabella Ragonese, lanciata da Virzì in “Tutta la vita davanti”, e Michele Riondino. Ambientato nel 1999, è la cronaca di un incontro e della nascita di un rapporto tra due giovani, lungo dieci anni. In “Cosmonauta” di Susanna Nicchiarelli, facciamo un tuffo negli anni a cavallo tra i Cinquanta e i Sessanta, per un dramma familiare delicato e toccante, o meglio la storia di una donna dall’infanzia alla maturità, sullo sfondo dei viaggi spaziali e dell’impegno politico, non a caso la regista firma anche il cortometraggio “Sputnik”.

Oggi, invece, è toccato al documentario “Negli occhi” di Francesco Del Grosso e Daniele Anzellotti, ritratto del grande attore – fra teatro e cinema - Vittorio Mezzogiorno. Il racconto – intenso e sentito - attraverso la voce della figlia Giovanna e di chi l’ha conosciuto. Ma anche aneddoti, fotografie, immagini di repertorio, filmati e le musiche di Pino Daniele.

Nella Settimana Internazionale della Critica è stato passato l’altra sera il russo “Come gli scampi” di Ilya Demichev, tra dramma e commedia grottesca – e il dichiarato riferimento a Gogol, di cui quest’anno ricorre il bicentenario della nascita -, il racconto di un intenso rapporto tra un cinquantenne funzionario sposato e la giovanissima impiegata di una libreria di Mosca. Fra sentimenti e sorrisi, fra crisi e armonia una riuscita storia quotidiana, ricca di sfumature e di sana ironia, che pian piano diventa sempre più toccante e universale. Ieri è stata la volta di “Domaine” (Dominio) di Patrick Chiha, mentre oggi è passato l’italiano “Good Morning Aman” di Claudio Noce.

“Una Roma multietnica fa da sfondo a una storia che scava nelle vite di un giovane somalo – si legge nella presentazione -, che sogna di vendere auto mentre è relegato alle pulizie della concessionaria, e di un ex pugile segnato dal dolore più che dai pugni presi sul ring. Il loro incontro appare inevitabile. E’ l’incontro di due anime in pena, una tesa a dare un senso alla propria esistenza, l’altra a chiudere i conti con il passato per poter riprendere a vivere. Entrambi dunque viaggiano nella stessa direzione, in cerca di un evento dirompente in grado di scuotere un presente ripetitivo e senza sbocchi. Ma la loro amicizia non è priva di sofferenza, si dipana infatti attraverso una serie di scontri verbali e fisici che rendono impossibile distinguere la personalità dominante da quella dominata. Intorno a loro figure di un universo non meno dolente: la famiglia di Aman, la ragazza vittima del fidanzato violento, la ex moglie di Teodoro, gli amici della palestra pugilistica. Roma è definitivamente una città aperta dove tutti sono stranieri accomunati dalla speranza di un futuro migliore. Lo sguardo di Noce è lucido e impietoso eppure al contempo partecipe e avvolgente, sorretto da uno stile sorprendentemente maturo al punto da permettersi di citare apertamente Pasolini senza rischiare la maniera”.

José de Arcangelo