martedì 8 settembre 2009

Dopo il blitz di Chavez, George Clooney di nuovo al centro dell'attenzione al Lido


Clooney, è sempre Clooney a concentrare l’attenzione di pubblico e stampa, anche al Lido. Prima perché portando con sé Elisabetta Canalis ha confermato voci e rumori sulla loro love story; poi perché è presente (ancora una volta) come protagonista di un film sulla guerra in Iraq, fuori concorso, “The Man Who Stare at Goats” di Grant Heslov, il cui riferimento è “M.A.S.H.” di Robert Altman; infine perché con il gossip ci scherza, scambiando battute con i colleghi e con il giornalisti, dato che Brad Pitt – sempre scherzando - gli ha fatto sapere che è ora di fare outing e dichiarare di essere gay. Ribattute e colpi di scena anche nella conferenza stampa veneziana, dove un ‘giornalista’ – un altro esibizionista della nostra società dell’apparire - si è persino spogliato dichiarandogli il suo amore.

Ma oggi era il settimo giorno di proiezioni alla 66a. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, segno del primo giro di boa della kermesse. Proiettato il secondo film italiano in concorso “Lo spazio bianco” di Francesca Comencini con Margherita Buy protagonista. Un dramma femminile intenso e toccante che l’autrice di “Le parole di mio padre” costruisce con passione e sincerità. Un riflessione profonda e sincera su maternità e dintorni nel terzo millennio. Importante anche l’altro film in concorso, targato Israele, “Lebanon” di Samuel Maoz, un’altra – amara – riflessione sulla prima guerra in Libano (la stessa del film d’animazione “Valzer con Bashir”), e firmata da un autore che ne ha preso parte, allora ventenne.

Il film presentato nel Controcampo Italiano è “Il compleanno”, opera seconda di Marco Filiberti (“Poco più di un anno fa”) con Alessandro Gassman, Maria de Medeiros, Massimo Poggio, Michela Cescon, Christo Jivkov, Piera Degli Esposti e per la prima volta sullo schermo il fotomodello brasiliano Thyago Alves. Un coinvolgente, emozionante e suggestivo melodramma contemporaneo dagli echi ora viscontiani ora pasoliniani ora sirkiani. Un labirinto di passioni mediterraneo che diventa universale, anche quando a scatenare gelosie, rancori e frustrazione è l’esplosione di un rapporto omosessuale. Perché se fosse stata una relazione fra un uomo maturo e una giovane non sarebbe cambiato nulla, forse. Nemmeno l’epilogo e un finale, per così dire, aperto. Per non parlare del riferimento ai classici, dalla tragedia all’Odissea; dell’ambiguità della bellezza; della nostra società che ci allontana sempre di più gli uni dagli altri. Non è un caso che il regista sia un appassionato, tra l’altro, di musica lirica.

“Difendo con unghie e denti il mio lavorare con severità, libertà ed autonomia – esordisce il regista a proposito della produzione indipendente (Zen Zero con la partecipazione degli Atelier d’écriture Evian éQuinoxe 2207 al Royal Evian Resort) –. La cosa più tragica è che (alla fine ndr) non c’è catarsi, ma la complessità dei rapporti nella cultura giudaico-cristiana dopo duemila anni di storia, oserei dire un dramma proustiano. Non mi interessava la dimensione omosessuale, non ho mai nascosto niente, ma la tensione, l’ambizione di universalizzarlo. E’ la dimensione tragica che mi appartiene. In una società che tende all’omologazione, alla semplificazione dei linguaggi, volevo una forza ontologica superiore, una tensione metaforica”.

Sull’ambientazione, invece, afferma: “La cornice è la spiaggia di Sabaudia ai piedi del Monte Circeo, spazio denso di suggestioni epiche e mitologiche intrise di seduzioni, come quella subita da Ulisse da parte della maga Circe. L’epos è presente in modo inequivocabile nel mio lavoro, è una delle funzioni da me più usate per suggerire un secondo piano di lettura, un altrove che amplifichi il senso di ciò che cerco di fare. Ma Sabaudia è anche un nome che ha rappresentato un ‘mondo’ importantissimo nella recente storia italiana: qui negli anni ’70, alcune tra le voci più importanti della nostra cultura (basti pensare a Moravia, Pasolini, Bertolucci e la Maraini) si davano appuntamento e qui sono nate opere fondamentali per il cinema e la letteratura di quegli anni. Di quel clima e dei suoi valori estetici e culturali, i protagonisti del mio film hanno nostalgia, una nostalgia che rimanda alla loro adolescenza, ma anche, indirettamente, a quello che è stato l’ultimo momento possibile di una classe intellettuale, portatrice di istanze capaci di compenetrarsi con la società. Mi emoziona molto l’idea che questo film possa essere letto come una metafora dell’occidente o anche solo del mio Paese, teatro di passività e di omertà”.

“Poeti” di Tony D’Angelo – che sarà invece presentato domani, sempre nel Controcampo - è un singolare viaggio nella poesia nascosta e metropolitana per raccontare Roma attraverso le immagini e le parole dei due protagonisti: Biagio Propato e Salvatore Sansone. Biagio e Salvatore non si vedono da anni e si incontrano per caso una mattina al cimitero acattolico di Roma dove entrambi sono andati per visitare la tomba di Gregory Corso, poeta Beat che trascorse gli ultimi anni della sua vita declamando poesie a Piazza Campo de’ Fiori. I due conversano sulla poesia, sui tempi moderni e si chiedono se mai si ripeterà un evento come quello di Castelporziano dove nel 1979 i poeti di tutto il mondo si riunirono in una grande Woodstock della poesia. Decidono di provare ad organizzare un Grande Reading con i poeti underground, quelli che popolano le cantine notturne di San Lorenzo, ma anche poeti come Elio Pecora, Maria Luisa Spaziani…

In serata un gran numero di poeti affollerà la terrazza dell’Excelsior per declamare poesie, dando vita a un Reading ispirato allo storico evento di Castelporziano nel ’79 che richiamò centinaia di poeti underground, e di cui si racconta nel film. Declameranno i loro versi i poeti Cony Rey, Silvia Bove, Eugenia Serafini, Giovanni Minio, Paolo Pagnoncelli, Gabriele Peritore, Marco Orlandi, Domenico Alvino, protagonisti de “Poeti”. Non solo: anche altri scrittori parteciperanno al Reading, come Melissa P e Francesca Ferrando. Ma chiunque potrà essere poeta per una notte. Tutti quelli che vorranno dare voce al poeta che è in loro potranno nel corso dell’evento chiedere spazio per la loro lettura.

I giornalisti cinematografici del Sngci hanno promosso in mattinata un incontro su Pietro Bianchi con l’ultimo saggio firmato da Tullio Kezich e con i primi 12 minuti del documentario in via di realizzazione, sulla figura e l’opera del critico. E’ stato quindi un doppio ricordo d’autore, l’incontro che il Sindacato ha dedicato con l’Eni, per presentare in anteprima il libro appena pubblicato, e l’Associazione Laminarie (che sta producendo il documentario) a Pietro Bianchi, il grande critico al quale è dedicato il Premio che i giornalisti cinematografici consegnano ogni anno al Lido in collaborazione con la Mostra (per il 2009 è andato a Citto Maselli).

Il libro: È la raccolta di un decennio significativo di recensioni cinematografiche, quelle che Bianchi scrisse tra il 1955 e il 1964 per Il Gatto Selvatico, la rivista dell’Eni diretta in quegli anni da Attilio Bertolucci. Sabato prossimo, 12 settembre sarà presentato dall’Eni ufficialmente al Festival delle letterature di Mantova. Il Sngci ne anticipa alla Mostra il “battesimo” per il mondo del cinema.

Ma ieri è stata la giornata del presidente venezuelano Hugo Chavez che si è catapultato al Lido dietro invito del regista Oliver Stone che gli ha dedicato il documentario (fuori concorso) “South of the Border”. Il capo di Stato, in visita non ufficiale, ha risposto cantando l’inno nazionale a un giornalista venezuelano che ne intonava i primi versi, poi – a proposito del film – ha affermato che illustra “parte della verità sul rinascimento in atto in Sudamerica” e, infine, ha replicato “non sono un demonio come dicono, ma solo un essere umano e non favorisco il narcotraffico né il terrorismo come affermano negli Usa”. Però, ha concluso, “Obama mi sembra un uomo diposto ad unirsi per cambiare e salvare il mondo dal disastro totale che stiamo vivendo”. E, anche lui – pur ammirando la Loren e la Cardinale -, ha riconosciuto di essere stato innamorato della Lollo.

José de Arcangelo