giovedì 4 settembre 2008

Al Lido. Tutta la memoria di Agnès (Varda) e un ottimo "Pranzo di Ferragosto"

VENEZIA, 3 - Come l’anno scorso anche stavolta nelle sezioni parallele ci sono film italiani degni del concorso, in alcuni casi - ma non lo diciamo - più degni di quelli presentati nella competizione ufficiale. E’ il caso di “Pranzo di Ferragosto” di e con Gianni De Gregorio, prodotto da Matteo Garrone, e interpretato da quattro simpatiche ed arzille ‘vecchiette’. Una commedia dolce-amara, se vogliamo malinconica, ma piena zeppa di originalità e pervasa di vita vissuta. Quel quotidiano che se, al momento, ci sembra insopportabile poi lo ricordiamo con piacere perché ci ha fatto (ri)scoprire le piccole grandi “cose della vita” (come ben diceva Clade Sautet). Storia di un figlio maturo che si ritrova a dover badare all’anziana madre, ma non solo. Proprio alla vigilia di Ferragosto, l’amministratore del condominio gli chiede (impone) di ‘tenerle’ la madre per un giorno e poi si ripresenta anche con la vecchia zia, a cui si aggiunge un’altra ottuagenaria madre di un amico.

E, come la vita, il film ha i suoi momenti divertenti, la constatazione che la solitudine non è un fatto da sottovalutare, così come l’emergere di sentimenti ed emozioni. Il tutto raccontato con la leggerezza e la saggezza di un’esistenza rivalutata. Da oggi è già al cinema, così non lasciatevelo ‘scappare’, visto che i buoni film, d’autore e non, scompaiono sempre più presto dalla programmazione.

Fuori concorso, nella sezione ufficiale, è stato presentato un altro lungometraggio d’animazione – dopo quello del maestro Miyazaki -, ovvero “The Sky Crawlers” di Mamoru Oshii, non entusiasmante, soprattutto perché non ama il tradizionale (nel disegno) cartone giapponese. Anche perché l’argomento – nonostante esprima accenni pacifisti – parla di un altro possibile “oggi”, dove il mondo ha limato la guerra, raggiungendo finalmente la pace (fantascienza? Quasi). Ma questo stato prolungato di pace ha creato la richiesta di un nuovo tipo di conflitto: che si svolge altrove, si può vedere in tivù o seguire sui giornali, al fine di poter sentire un senso di realtà.

Compagnie militari private arruolano piloti da caccia affinché svolgano il loro servizio in un’infinita “guerra-spettacolo”. Inoltre, questi piloti – chiamati kildren, da kill e children -, sono dei bambini, innocenti nell’aspetto, che non raggiungono mai l’età adulta, vivendo in uno stato di eterna adolescenza. Naturale che loro vengano, dopo un po’, assaliti da gravi problemi esistenziali, da tormenti che li spingono verso la morte, il suicidio…

Però un po’ per la durata, un po’ per lo stile tradizionale del disegno, occidentalizzante come negli anni Ottanta, la pellicola non coinvolge più di tanto. Ottimi invece le battaglie aeree.

Sempre nella sezione ufficiale, ma in concorso, è stato proiettato “Paper Soldier – Soldato di carta” di Aleksei German jr. sul primo viaggio spaziale di un uomo nell’Unione Sovietica (1961), attraverso le vicende dell’ufficiale medico Daniel Pokrovsky che si trova in servizio presso la prima compagnia sovietica di cosmonauti, e respinto come astronauta. Non è una risposta all’americano “Apollo 13”, ma bensì una riflessione sulle speranze e i dubbi di una società nuova, che abbia conto dell’uomo e non della massa, sugli ideali che vengono - prima o poi - delusi nella pratica, cioè nella vita quotidiana. Infatti è la cronaca dell’ennesima delusione e del crollo definitivo dell’ideologia e dell’altruismo, proprio quando si raggiunge il successo nella gara spaziale con gli americani. Non a caso il protagonista non ce la farà nemmeno a vedere il lancio del missile.

“La mia intenzione – dice il figlio d’arte German – era di ricreare quel momento di ‘crescita’ dell’Urss agli inizi degli anni Sessanta. A quei tempi il paese stava tentando di lasciarsi alle spalle l’eredità di Stalin e si proponeva di raggiungere grandiosi e romantici obiettivi. Questo film parla di come sia facile distruggere un equilibrio umano fragile e delicato. Parla del potere delle idee e di come queste, anche se giuste, possano essere motivo di morte e sofferenza. E’ un film sugli aspetti negativi dei grandi avvenimenti. Il dubbio più grande di Daniel è capire se sia legittimo mettere a repentaglio una vita umana per la superiorità della patria”.

Altro nome illustre fuori concorso, quello di Agnès Varda che ha presentato l’autobiografico “Les Plages d’Agnès”, un viaggio nella sua memoria – non solo cinematografica – per ricostruire un’esistenza di donna e di artista, sempre entusiasta e appassionata, nonostante i colpi che, come ognuno, ha avuto dalla vita. Una serie di ricordi ricostruiti o recuperati attraverso filmati, fotografie, ritorni, interviste a vecchi amici e compaesani, spezzoni dei suoi film e scene girate appositamente che ci offrono oltre cinquant’anni di storia (non solo) francese e soprattutto del cinema, e ancora (dopo “Garage Demy”) sul rimpianto marito Jacques Demy e sulla “nouvelle vague”, di cui è la rappresentante femminile. E domani, finalmente vedremo la nuova, dura e cruda, fatica di Kathryn Bigelow, da oltre sei anni lontana dal set.

José de Arcangelo