giovedì 14 agosto 2008

Locarno. E' la giornata di Nanni Moretti, ma anche di "Sognavo nuvole colorate"


LOCARNO, 13 – Ancora il cinema italiano protagonista della giornata festivaliera con l’arrivo a Locarno di Nanni Moretti a cui, in Piazza Grande, è stato assegnato un Pardo d’oro simbolico – ma vero – in occasione della retrospettiva completa a lui dedicata, sia come autore che come produttore, attore e distributore. E il Nanni, ormai, nazionale ha ringraziato portando non solo il breve filmato girato in occasione del festival di Cannes, ma anche una sorpresa, ormai svelata: una sorta di filmquiz, ovviamente, scritto, diretto e interpretato da lui. Un viaggio nel cinema dagli anni ’70 ai giorni nostri, condotto con il suo acido humour e la solita passione cinefila (ma non troppo). E domattina l’incontro, anzi “la conversazione con Nanni Moretti” al Forum. In seconda serata, sempre in Piazza, è stato presentato in copia ristampata per l’occasione “Palombella rossa” che, “nonostante abbia quasi vent’anni e sia nato qll’inizio della crisi della sinistra in Italia – ha detto l’autore –, credo sia sempre interessante (ri)vedere”. Anche perché la situazione è “peggiorata”.

Comunque stavolta siamo riusciti a vedere anche l’anteprima all’aperto – anche se dopo dieci minuti di film c’è stato un acquazzone durato per fortuna 5 minuti -, un “film per, su e con ragazzi” che si è rivelato gradevole e divertente anche per gli adulti: “Son of Rambow” (Il figlio di Rambo) di Garth Jennings, coprodotto da GB/Usa/Francia/Germania. In parte autobiografica, questa piccola grande commedia d’azione, narra di un ragazzino inglese folgorato dalla visione del “primo” (precisa il regista) “Rambo” che decide di girarne una sua versione con un compagno di scuola, serio e represso dalla comunità religiosa a cui appartiene la madre. Ma è anche la storia della nascita di una forte amicizia tra due ragazzi, trascurati e/o soffocati.

“Allora avevo dodici anni – sostiene il regista – e anch’io ne girai un filmetto su ‘quell’uomo che da solo e armato da un bastone e un coltello faceva fuori 200 uomini’, ma è stato uno schifo”.

Però, tornando alla giornata italiana, era già iniziata bene fin dal mattino con la presentazione del documentario “Sognavo le nuvole colorate” di Mario Balsamo con Edison Duraj ed Alessandro Santoro, veri protagonisti, presentato nella ricca e variegata sezione “Ici & Ailleurs”.

Una storia di emigrazione e immigrazione clandestina sempre attuale e toccante, connotata da una prospettiva inusuale. Il piccolo albanese Edison emigra in Italia a soli nove anni, da solo, nel solito viaggio della speranza, su di un gommone. Cerca, come quasi tutti, un’esistenza possibile, ma non si sente una vittima, piuttosto il protagonista di un’avventura, a caccia di nuvole colorate. Passato da un “centro” a un “istituto” e altro per quasi sette anni, Edison incontra Alessandro, un giovane regista leccese che fa lo fa entrare nel suo mondo, nel suo laboratorio. Gli costruisce intorno uno spettacolo teatrale, mette in gioco la sua identità. Nasce una forte amicizia e, forse, un mestiere per il giovane albanese, ormai sulla soglia della maggiore età (farà 18 a novembre) e, finalmente, può tornare in Albania con l’amico per riabbracciare la madre, le sorelle, il nonno proprio per le Feste di fine anno.

Il tutto narrato senza forzature né retorica né falso pietismo ma attraverso le vicende quotidiane di questo ragazzo maturato in fretta e per forza, “un bambino di 9 anni con la mentalità di uno di 28”, intercalate dalle autoriprese che Edison faceva nella sua stanza, con la telecamera donatagli dalla produzione. E ne viene fuori anche una certa ironia – “kusturicana” dice Balsamo – e delle vere emozioni.

“Spero che il film – dice lo stesso Edison, presente alla presentazione – aiuti a colorare le mie nuvole, perché volevo raccontare la mia storia che è quella di tutti. Ho trovato grandi ostacoli, ma la famiglia Santoro mi ha aiutato moltissimo. Non bisogna mai fermarsi” afferma, e poi cita Kafka: “Trattateci da cani e poi vi morderemo i polpacci, trattateci da uomini e poi diventeremo amici”.

“Questi centri di accoglienza – afferma Santoro - vengono usati come megaparcheggi, il governo può fare quello che vuole, ma è la gente che accoglie e aiuta gli immigrati clandestini. Non a caso Dario Fo ha proposto il Salento per il Nobel per la Pace. Era il 2001, io ero appena rientrato dalla grossa batosta di Genova, difficile da raccontare in teatro, ma avevo già il laboratorio teatrale nella scuola per ragazzi a rischio, un impegno umano. Edison non era nel laboratorio ma, visto che era un ragazzo irrequieto, l’assistente sociale lo aveva spinto a frequentarlo. Ma lui veniva a spiarci e così io mi presentai. Lui disse: ‘Mi chiamo Edison come l’inventore della lampadina’. E lo convinsi ad unirsi a noi dicendogli: ‘Se mi racconti la tua storia ti prometto di andare con te in Albania’. E così è stato”.

Quindi un altro film che merita il passaggio in sala e anche nelle scuole, e di non finire direttamente in dvd, anche se l’uscita è prevista più in là con un libro sulla storia di Edison, “bella e intensa - aggiunge Balsamo -, perché sarà difficile che venga acquistata dalla tivù italiana”.

Per il concorso internazionale sono stati presentati “The Market – A Tale of Trade” dell’inglese Ben Hopkins, ma ambientato fra Turchia e Kazakhstan, paesi coproduttori del film con Germania e GB; e “Um Amor de Perdiçao” (Amore di perdizione) di Mario Barroso, già attore e direttore della fotografia (anche per se stesso) per Manoel de Oliveira, anche lui autore di un famoso film dal romanzo di Camilo Castelo Branco; Joao César Monteiro e Raul Ruiz.

Il primo è un dramma di attualità sul commercio ('gli affari sono affari' viene detto spesso durante il film) su cui tutto ruota, mondo intero incluso; ma – come dicevamo – il finto-documentario è stato girato in Turchia con attori turchi e una troupe cosmopolita. Una riflessione sui toni della favola moderna - che non disdegna l’ironia né la poesia – sull’ambiguo rapporto tra commercio ed etica, tra denaro ed esistenza.

Mihram, commerciante indipendente e padre di famiglia, vive nella regione della Turchia orientale. Tra bevute, gioco d’azzardo, contrattazioni e raggiri, Mihram aspira a mettere in piedi un affare nel settore che tira di più oggi, la telefonia. Prende di mira un locale, ma non possiede i liquidi necessari per l’investimento. Però una dottoressa si rivolge a lui perché dietro pagamento, si rechi oltre confine per procurarle dei farmaci destinati ai bambini di un ospedale turco. Intravedendo un’ottima opportunità di guadagno e così realizzare il suo sogno, Mihram si arrischia a spendere i soldi per comprare della merce che potrà rivendere a buon prezzo in Kazakhstan. Ma non tutto andrà secondo programma…

Il regista portoghese invece traspone – con la complicità dello sceneggiatore Carlos Saboga - il romanzo di Castelo Branco nella Lisbona contemporanea, in questo modo il melodramma (romantico) di un amore impossibile diventa l’amour fou (post-romantico) e, quindi, autodistruttivo di due rampolli dell’alta società lusitana, sempre e comunque divisi tra eros e thanatos.

“In questo adattamento cinematografico – afferma Barroso – del romanzo ho voluto concentrarmi su ciò che mi sembra essere il vero motore della storia: l’ostinazione, il contrasto che porta l’eroe all’autodistruzione, e non l’amore proibito tra i due adolescenti. ‘Um amor de perdiçao’ è, sostanzialmente, Simao Botelho (il protagonista interpretato dal giovane Tomàs Alves, presente a Locarno ndr), l’adolescente che non conosce alcuna autorità né morale e che possiede una propria etica che lo condurrà all’annientamento, quale per lui fosse una fine inevitabile… Non è soltanto una storia di passione, ma anche una storia di violenza e di conflitto”.

Originale e divertente il documentario “Par Dzimteniti” (Three Men and a Fish Pond) di Laila Pakalnina, originaria di Latvia, uno dei tanti paesi dell’ex Russia sovietica. Presentato nella competizione “Cineasti del presente”, il film è originale perché evita ogni commento, oltre ai rumori di fondo (uccelli, rane e animali vari) e le rare battute dei ‘protagonisti’, divertente perché accomuna umani e animali nei diversi momenti del giorno (pulizia-bagno, pasti, riposo, canto, amore) e bellissimo perché cattura la natura e soprattutto gli uccelli di diverse specie nel modo più azzeccato.

Il tutto inseguendo tre guardiacaccia-pescatori in età avanzata che vivono in piccole e modeste case di legno in mezzo alla campagna nel cuore di una natura selvaggia eppure accogliente.

José de Arcangelo