venerdì 19 ottobre 2007

Festa internazionale del cinema di Roma: Una vera festa a Roma per la divina Sophia

ROMA, 19 – Ecco la grande Sophia, la donna, l'attrice, la star, la diva, l'unica. Dopo la proiezione del documentario a lei dedicato, con spezzoni dei suoi film più celebri, interviste a personaggi a lei lontani e vicini (dalla sorella a Dacia Maraini, da Lina Wertmuller a Francesco Rosi), appare l'intramontabile Sophia Loren nazionale e internazionale. Sempre elegante, modesta, emozionata. Infatti, l'attrice racconta che, quando arrivò a Roma sedicenne, era ancora così timida che non riusciva a superare i provini. E "puntualmente ad ogni provino non mi prendevano". Vittorio De Sica invece, "mi ha guardato e alla fine del colloquio, disse 'bisogna comprare il biglietto per Sophia perché parte con noi per Napoli". Il film era "L'oro di Napoli", appunto, dove la giovanissima Sofia Scicolone interpreta l'indimenticabile pizzaiola. Da allora il sodalizio con il grande attore-regista non si sciolse mai più. "E' stata – dice la diva – l'unica persona che frequentavo fuori dal set. Non ci siamo mai dimenticati fino a… ieri. Era come se ci conoscessimo da sempre".

"In modo sentimentale, romantico, il film che amo di più è 'Matrimonio all'italiana'. Il ruolo più difficile, forse, è stato quello di 'Una giornata particolare'. Un personaggio diverso da quelli dei film di De Sica, ma quello che amo di più".

Quando le chiedono sullo schiaffo a Mastroianni, confessa: "I miei schiaffi sono sempre veri, anche sul set". Marcello e io credevamo nei personaggi, così andavamo avanti, trasportati dall'amore, dalla passione. Non pensi a cosa stai facendo. Ti butti".

"Avrei lavorato con Chaplin – confessa sulla "Contessa di Hong Kong" – anche se mi avesse dato da leggere l'elenco telefonico. Fare un film con lui che è il cinema, per me una ragazza di Pozzuoli che non ho mai fatto la scuola d'arte drammatica, era incredibile. Non potevo dirgli di no. Brando invece era un personaggio un po' difficile. Dovevamo girare una scena in un salone, seduti a un tavolo. Io l'aspettavo e Chaplin diventava sempre più nervoso, tanto che io gli dicevo 'Non c'è problema'. Alla fine arriva, si siede ma non gli esce la voce, si incroccava. Io gli dicevo Chaplin non ti ascolta e poi a Chaplin, mentendo, dice che si scusa moltissimo per il ritardo. Chaplin mi disse, digli che si fa questo anche domani io lo rimpiazzo. Diglielo te, io non posso, risposi. Però il giorno dopo non l'ha fatto. Sono andata benissimo, ma Brando doveva fare una scena in cui doveva entrare dalla porta e dire hei! Chaplin gliela fatta fare credo 50 volte. E, alla fine, disse al ragazzo del ciak 'buona la prima!'".

"A Hollywood non ho avuto problemi. Solo all'inizio con George Cukor perché voleva dare al mio inglese l'intonazione sua, americana, che io non avevo. Difficile per me perché non era la mia lingua, in inglese non ti puoi esprimere al meglio. Credo nessuno riesca a farlo intensamente in una lingua che non è la sua, puoi parlarla perfettamente, conoscere i modi di dire, le caratteristiche ma non è mai la stessa cosa".

Su Anthony Mann che l'ha diretta in "La caduta dell'impero romano" ed "El Cid", la Loren dice: "Apprezzavo il modo di lavorare di Mann, era molto bravo. A me non ha mai impressionato moltissimo il kolossal, io sentivo più le storie di De Sica, di Scola".

"A Totò piacevo perché parlavamo in napoletano e mi diceva sempre bella, bella, bella. Io ero agli inizi, al teatro di posa, lui mi ha visto da lontano e mi chiamò. 'Muori di fame?' mi chiesi e io risposi di sì. Mandò il cameriere a prendere qualcosa da mangiare e mi diede 100mila lire, che allora era tanto e le portai a mia madre".

"Lavorare con mio figlio Edoardo è stato molto bello per me – dichiara la diva, sul film "Between Strangers" -. Non c'è dubbio, mio figlio mi conosce molto bene, il personaggio poi mi somigliava moltissimo, molto intimo. Mi sono trovata benissimo con lui".

"Con Carlo (Ponti) ci siamo conosciuti per caso a un concorso di bellezza al Colle Oppio. Mi diede un appuntamento nel suo ufficio per vederci, parlare di cinema, di cosa volevo fare a Roma. Allora ero una ragazza (avevo 16 anni) che cercava di sbarcare il lunario, di vivere. Avevo già cominciato a fare dei servizi fotografici, ero conosciuta perché le mie foto erano sempre sui giornali. Così cominciai a lavorare per la Ponti-De Laurentiis, poi ho conosciuto De Sica…"

Della sua timidezza, dice: "Soffro se devo mostrarmi, dire cose personali, ma quando mi trovo col pubblico mi scaldo, mi piace parlare col pubblico. Una volta cominciato potrei rimanere per ore e ore a parlare con la gente"

"Un film che avrei voluto fare? In Italia non mi è successo, in America sì. Un film che poi ha fatto Meryl Streep ("I Ponti di Madison County" di Clint Eastwood, dove la protagonista è di origine italiana ndr). Anche perché lei fai una sorta di imitazione di me, come faceva Noschese. Un ruolo che non vedevo l'ora di fare era invece "Francesca e Nunziata" di Lina Wertmuller. La parte che avrei voluto fare era "Anna Karenina" perché mia madre, che era bellissima, me ne parlava sempre. E poi lo hanno fatto tante attrici. Una cosa che pensavo sempre, come sarebbe stato se mia madre lo avesse fatto in teatro. Il film che non avrei mai voluto fare è 'Mortadella' di Mario Monicelli, con Gigi Proietti. Loro non c'entrano, era brutta la sceneggiatura".

"A Hollywood arrivai per 'Orchidea nera'. Ho avuto la fortuna di lavorare con un regista come Martin Ritt e il personaggio dell'italiana mi si addiceva. Il film ha avuto diversi premi, anche al festival di Venezia. Il ricordo più bello, una scena in cui dovevo ballare con un bambino di 10 anni in 'Houseboat' ('Un marito per Cinzia' con Cary Grant ndr)".

"Ogni attrice o attore prepara il personaggio in maniera diversa. Io leggo diverse volte la sceneggiatura. Si mi emoziona, la leggo ancora meglio. Se ogni tanto sento certi brividi, mi dico che possibilmente è un ruolo che potrei fare. Lavoro moltissimo. Mia madre era una donna straordinaria e mia sorella ha scritto un libro su di lei. E' un 'film' che vorrei fare perché mi emoziona tantissimo".

L'esperienza con Jack Lemmon e Walter Matthau in "That's Amore - Due irresistibili seduttori": "Come si fa a sbagliare con loro. Ci siamo divertiti un mondo, e loro sono diventati italiani!".

Sull'Oscar ricevuto da Benigni dalle sue mani: "Ero felice, anche perché veramente non si sa chi vince fino all'ultimo momento. Io lo annunciai urlando. E' stato molto bello, emozionante e divertente, perché Roberto ha fatto poi una vera performance".

Dell'altro figlio, Carlo, affermato musicista, confessa: "Non volevo impormi con lui e l'ho lasciato fare. La mia famiglia ha sempre amato la musica classica, lui si è affezionato e, alla fine, voleva fare solo musica. E' un bravo concertista".

Alla domanda se non ha mai pensato di lasciare perdere, magari di ingrassare, risponde decisa: "Non ci penso neanche lontanamente! Ma perché poi?"

Christian De Sica: "E' un attore fantastico. Fa quello che sa fare, sa anche cantare, ha molto talento. Sarà diverso dal padre ma è un grande artista".

E ogni volta afferma con orgoglio: "Sono nata per caso a Roma ma sono napoletana". Infatti è cresciuta a Pozzuoli.

Domani in Campidoglio, l'attrice premio Oscar per "La ciociara", a ventincinque anni, e sempre grazie a De Sica, riceverà dalle mani del sindaco Veltroni il premio Campidoglio.

José de Arcangelo