mercoledì 27 giugno 2007

Festival di Pesaro: A Pesaro sono protagoniste le donne

PESARO, 27 – Terza giornata della 43a. Edizione della Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro e ormai gli appuntamenti si moltiplicano e si accavallano. Presentato il secondo documentario dell'italo-americana Marylou Tibaldo-Bongiorno "Revolution '67", in attesa del lungometraggio di fiction "Little Kings" in programma stasera in piazza. Un documentario (di un'ora e mezza) che torna sulle ribellioni afroamericane di Newart dell'estate 1967, scoppiate per l'intervento dei poliziotti italoamericani e represse da un sindaco italoamericano. Attraverso interviste ai testimoni, tra i quali Tom Hayden, allora giovane militante, e con intervento di storici, il film affronta i fatti da molteplici punti di vista. Anche perché la regista cerca di trovare delle risposte a quarant'anni dalla rivolta che ha provocato la morte di 26 persone, centinaia di feriti e danni per milioni di dollari. Che cos'è accaduto veramente, chi è il colpevole, perché la città non è stata risarcita?

Presentati altri due nuovi documentari anche nella sezione "Sos Europa.Doc", entrambi di grande interesse. Il primo, "Nasiona" (Semi) del polaccoWojciech Kasperski, narra ancora una storia di emarginazione ma in un piccolo villaggio della Russia profonda che a sua volta emargina una famiglia ancora più sfortunata. Il regista riesce non solo a trasmettere emozioni e disagio, ma al tempo stesso a tirarne fuori, attraverso le immagini, della (dolorosa) poesia. Anche la turca (ancora una donna passata alla regia) Ruya Arzu Koksal, in "Yollar çimen bagladi" (Sentieri dimenticati), registra le vicende di un piccolo villaggio, fortunatamente meno disastrato, ma comunque minacciato dall'irrefrenabile emigrazione verso la città, soprattutto dei giovani. Il rischio è la lenta, ma inesorabile, scomparsa di una cultura, quella della tribù seminomade dei Cepni (Mar Nero) che ogni giugno porta le mucche nei pascoli a 2.300 m di altitudine, chiamati "yayla". Il tutto raccontato dalla vera voce di una donna costretta a trasferirsi a Istanbul e a fare la donna delle pulizie, è così che la regista l'ha conosciuta.

Ruya Arzu Koksal ha lavorato a questo progetto per cinque anni, ma ha scelto il cinema dopo dodici anni di lavoro come guida turistica. Dopo aver percorso l'Anatolia centrale e l'Asia centrale, dall'Azerbaigian al Tibet, dall'India all'Ubezkistan, Raya cerca un'alternativa per raccontare agli altri tutto quello che vede e scopre. Prima scrive un articolo per una rivista di viaggi, poi con l'aiuto del marito fotografo che diventa operatore, decide di girare il documentario.

"E' stato difficile all'inizio – dichiara – perché ero loro ospite, mi hanno offerto la loro casa per un mese, ma dopo aver pubblicato l'articolo ho conquistato la loro fiducia. E' piaciuto loro perché non c'erano né pregiudizi né stereotipi riguardo l'etnia, fatto che li rende spesso diffidenti e sospettosi verso i cittadini. A quel punto ho chiesto se potevo riprenderli e hanno accettato. E si sono addirittura commossi vedendo il documentario ultimato, perciò l'ho portato per farlo vedere anche in montagna, nel "yayla". Sono stata fortunatissima perché questa esperienza mi ha permesso di imparare a filmare (ho fatto solo un corso di 3 mesi a Istanbul) e a trasmettere le emozioni della vita di ogni giorno."

Per il concorso sono state presentate due opere che vedono ancora una volta le donne protagoniste. L'argentina Ana Katz (oltre che regista, protagonista, produttrice e co-sceneggiatrice) con "La novia errante" (La fidanzata errante), un racconto in bilico tra dramma e commedia, intimista nonostante sia ambientato in un luogo di villeggiatura, Mar de las Pampas, ma fuori stagione. Infatti, narra le vicende di Inés che in viaggio, in pullman, col fidanzato Miguel, dopo una banale discussione si ritrova sola in albergo tra il bosco e il mare. E finirà per non godersi fino in fondo quei giorni di "libertà" cercando di parlare al telefono con Miguel che, nel frattempo, è tornato indietro. Ovviamente incrocia e conosce altre persone che però abbandona alla prima occasione (telefonata).

"Questo film – dice la regista, assente dalla Mostra perché impegnata nel lancio del film in Argentina – parla di persone che hanno chiamato altre in maniera insistente e irrazionale, di persone che hanno riattaccato il telefono con rabbia, e che hanno sentito il desiderio irrefrenabile di rifare lo stesso numero. E l'hanno fatto."

Più drammatico, anzi tragico, "Anna M." di Michel Spinosa con Isabelle Carré, ancora una specie di amour fou ma a senso unico che, forse, ha troppi riferimenti – illustri e non – per convincere pienamente. Da "Passione d'amore" di Ettore Scola a "Repulsion" di Roman Polanski, passando per il sorprendente "La spettatrice" di Paolo Franchi (ottimo ma poco visto in patria, cioè da noi). Certo, ogni volta che si parla d'amore si rischia di ricordare qualcun altro, ma in questo caso sono troppi i punti in comune, soprattutto con "La spettatrice". Comunque si tratta sempre di una storia apparentemente banale che diventa pian piano eccezionale. La dolce e riservata Anna, dedita al suo lavoro di restauratrice di libri antichi, è colpita da solitudine tanto da sfidare la morte (suicidio fallito) buttandosi sotto una macchina. Si salva ma, dopo le amorevoli cure del dottor Zanevsky, si autoconvince che il medico sia innamorato di lei. Lo pedina, gli telefona in continuazione, scopre che ha una moglie e pretende che non la ami. E il suo amore diventa ossessione, portandola sull'orlo dalla follia, passando dalla speranza all'aggressività, fino all'odio.

Dice il regista: "Tutto è nato dall'idea di fare un film sulla gelosia. Ho letto un libro di uno psicologo sull'erotomania e sono rimasto affascinato dalle storie in cui la gente soffre. Cambiava tutte le mie idee sulla gelosia, e questo mi intrigava: in America sarebbe diventato l'ennesimo 'Attrazione fatale', ma credo che in Europa si possa fare un film dal punto di vista di una persona pazza e rimanerle accanto fino alla fine."

In giornata sono stati presentati altri volumi che affrontano le tematiche del "Nuovo Cinema", in particolare videodigitali. Il primo è "Struttura / Studi e visioni sul mare digitale" Seconda edizione (Edizioni Polistampa) che raccoglie una serie di saggi sulla videoarte, dalla produzione alla fruizione, dalla Net.Art alle Installazioni e alle manifestazioni, soprattutto quella di San Vincenzo e Campiglia M.ma (LI) da cui proviene il tutto. "Second Life" di Mario Gerosa (Meltemi) parla ovviamente del fenomeno omonimo nato e cresciuto nella rete. Second Life è un mondo virtuale, una terra di nessuno e di tutti cui chiunque può accedere, per soli 10 dollari, creandosi una vita parallela a quella reale. Ma i rischi ci sono anche in questa sorta di mondo ideale.

Non solo perché stanno entrando le grosse aziende e le multinazionali ma anche perché illustratori e grafici abili con la tecnologia possono "diventare" architetti, cioè fingersi tali. Ma facendo "un distinguo – dice Gerosa – può essere davvero affascinante perché ognuno se ha talento lo può mettere in mostra". Esistono già film fatti su Second Life, il settore western alla Sergio Leone, quello dedicato all'avventura e, ovviamente, al mitico Star Trek. Anche James Cameron ne sta preparando un suo film. E volendo si può diventare "attori" come è già successo per uno spot della Pontiac e per il videoclip di Irene Grandi. Non è facile poi avere successo nel mondo reale ma ci assicurano che alcuni residenti lo sono già diventati. Naturale, come nella realtà, che oltre al talento bisogna avere un po' di fortuna. Però ci sono stilisti del virtuale che vendono già i loro abiti e una signora cinese è riuscita a fare un milione di dollari con le sue transazioni immobiliari virtuali.

Seconda notte per il "Dopofestival" che, oltre a presentare le immagini di "Second Life", ha videoproiettato (trasmesso?) le opere e le immagini che si possono vedere direttamente da Internet, e che provengono da ogni angolo del mondo.

Infatti, la presenza di siti gestiti da artisti, galleristi appassionati, istituzioni che presentano al loro interno video, e questa nuova forma di distribuzione, da un lato permette la circolazione di lavori al di fuori degli spazi istituzionali nei quali questi lavori vengono mostrati, permettendone una maggiore circolazione. Dall'altro, consente, ad ognuno di noi, di costruirsi dei propri percorsi nel mondo dell'arte, da percepire singolarmente, davanti al proprio computer, senza però quella necessaria condivisione della visione (indispensabile per creare connessioni e circolazione di pensieri e idee) che avviene durante le mostre, i festival o le "normali" proiezioni.